Ambizioso e vincente, con questi due aggettivi si potrebbe definire Gennaro Di Carlo, uno dei grandi artefici – insieme al DS Peppe Sindoni – della straordinaria stagione compiuta fino a questo momento dalla Betaland. L’allenatore di Capo d’Orlando si è raccontato, spiegandoci come il progetto dei siciliani nasca dalle passate stagioni ed abbia l’ambizione di crescere e consolidarsi ulteriormente, per diventare una delle realtà più belle della pallacanestro italiana.
Parlando con Peppe Sindoni a dicembre, mi ha detto che uno dei vostri obiettivi della stagione era cercare di ottenere un record positivo in casa, cosa che non vi era riuscita nelle stagioni precedenti. Come si crea il giusto feeling, anche con il pubblico, per fare sì che questo accada?
“Tutto questo è partito da un’idea della primavera scorsa, dopo avere raggiunto la salvezza. Ci è sembrato ragionevole pensare di potere ottenere un certo bottino di punti in casa. Negli anni in cui ho lavorato a Capo, dal ritorno in Serie A, c’è sempre stato grande entusiasmo intorno alla squadra, quindi abbiamo pensato di provare a rendere il nostro campo inviolabile. La cosa ci è riuscita bene, visto che il nostro record in casa al momento è di 10 vittorie e sole 2 sconfitte”.
Un altro obiettivo che Sindoni e Capo si erano posti era quello di provare a ‘giocare la vostra pallacanestro’. Qual è la tua idea di pallacanestro?
“Giocare la nostra pallacanestro voleva dire essere accorti nello sviluppare la nostra identità in casa e in trasferta: analizzando le statistiche, direi che ci sono costate un po’ le prestazioni fuori casa, in cui mi sembra che subiamo circa 84 punti a partita, provando comunque a mantenere un’identità ben precisa. Il percorso di crescita della squadra sta andando bene: la mia pallacanestro si sviluppa in base alle caratteristiche dei nostri giocatori, preferiamo giocare un tipo di basket che sia produttivo. E’ chiaro che non si possa chiedere a Drake Diener di portare la palla come avrebbe potuto fare all’inizio della carriera, quindi bisogna adattarsi alla qualità dei giocatori. Un’altra ragione che ci porta a fare queste scelte è il budget, giocatori che magari hanno meno appeal possono venire a Capo d’Orlando e mettersi in mostra”.
Un punto di svolta nella vostra stagione si è verificato nel momento in cui Fitipaldo ha deciso di accettare la proposta del Galatasaray, che gli ha permesso di disputare l’EuroLega, e ha lasciato Capo. E’ cambiato qualcosa nella squadra da quel momento? E cosa è cambiato con l’arrivo di Tepic al posto di Fitipaldo?
“L’idea di impiantare un sistema di gioco era fondamentale per potere accettare situazioni come quella di Fitipaldo: sappiamo che a Capo c’è il rischio che i giocatori si possano metter in mostra e arrivi una squadra che ha potenzialità economiche maggiori delle nostre a portarli via. Ma quando c’è una struttura portante si prova a sviluppare basket: non può mancare il talento all’interno della squadra, perché altrimenti i risultati non arrivano. Risultati che sono frutto del talento dei ragazzi, Tepic inserito nel giusto contesto è un giocatore fortissimo, esperto. Uno dei segreti è l’intelaiatura, l’altro segreto è il grande lavoro di scouting portato avanti da Peppe Sindoni, poi il nostro modo di giocare ci permette di attirare dei giocatori e di fare crescere i giovani. I casi di Perl, ora a Treviso per provare a tornare in Serie A con loro, Iannuzzi, Laquintana e Ivanovic sono solo gli ultimi di giovani che sono riusciti a mettersi in mostra”.
Il primo traguardo raggiunto in stagione è stato la qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia. Lo consideri come un rimo punto di arrivo o come un punto di partenza per crescere ancora?
“Sicuramente la seconda, la Final Eight è stato uno step intermedio di un percorso di crescita. Scendendo in campo contro Reggio Emilia non ci sentivamo appagati, la sconfitta è stata una forte delusione. Guardando a 12 mesi prima, eravamo ultimi in classifica e si parlava già di retrocessione, 12 mesi dopo siamo diventati una realtà forte: una prima crescita è già avvenuta. Penso anche che la delusione per la sconfitta contro Reggio ci sarà utile poi per i playoff. Facendo un discorso più ampio, oggi non guardiamo solo in funzione dell’annata, quando si parla di progetto abbiamo l’idea di guardare avanti, si prova a tenere i giocatori che abbiamo, e credo che farlo nella pallacanestro di oggi sia difficile e bello al tempo stesso”.
Fino a questo momento avete ottenuto 28 punti in classifica, una cifra che nelle ultime stagioni è stata sinonimo di squadre che hanno fatto i playoff. Il vostro obiettivo rimane entrare nei playoff o ambite a qualcosa in più, magari al fattore campo nel primo turno?
“Le cose devono arrivare per gradi, quindi i playoff rimangono il nostro primo obiettivo. Abbiamo ancora 7 partite con un calendario difficile, ci sono quattro trasferte e nelle tre gare in casa affronteremo Reggio Emilia e Avellino, questo per dire la complessità del nostro finale di stagione. Prendere i playoff significa molto probabilmente prendere anche una coppa europea e sarebbe un grande traguardo. Se dovesse arrivare anche il fattore campo sarebbe una soddisfazione, ma in ogni caso cercheremo di raggiungere il secondo turno”.
Hai parlato della possibilità di disputare una coppa europea nella prossima stagione. Cosa significherebbe per il percorso di crescita di Capo d’Orlando?
“Credo che giocare una coppa europea sia una fortuna e possa essere un acceleratore di esperienza che ora non abbiamo. E’ un’opportunità che si deve prendere in tutti i modi. Credo che giocare 40 partite all’anno, anziché le 30 che giochiamo ora possa essere un acceleratore molto importante per la nostra crescita. Al tempo stesso, giocare una coppa significa dotarsi di una struttura portante di qualità, migliorare ulteriormente una struttura che è già cresciuta molto negli ultimi anni e che ci ha permesso nel nostro piccolo di essere un gioiellino. La famiglia Sindoni è composta da persone intelligenti e ambiziose, sono certo che si faranno trovare pronti. Avendo vissuto Caserta in Europa da ragazzo, negli anni della grande Juve, mi piacerebbe che i ragazzi orlandini potessero venire al palazzetto a Capo d’Orlando a vedere la propria squadra giocare una coppa europea. Sarebbe bello vedere per la città volantini di partite contro Valencia, Cibona o squadre di questo tipo, portare Capo in Europa è un mio sogno”.
Qual è il tuo rapporto con Peppe Sindoni? Sta mettendo in mostra delle qualità molto importanti nel panorama italiano.
“E’ da tanti anni che faccio basket, ho vissuto dietro le quinte l’avventura della Juve a Caserta, anche nel ruolo di assistente. devo dire che le qualità che ha Peppe sono rare nella pallacanestro, ha tante idee ed è ambizioso. Con lui sono in confidenza e mi sento in grande comfort, è un ottimo dirigente. Lo sento come un grandissimo punto di forza nel sistema di Capo d’Orlando, garantisce idee, competenza, organizzazione, penso che sia un elemento fondamentale per noi”.