Come tutti, o perlomeno tutti, sappiamo che la cultura hip-hop nasce alla fine degl’anni ’80 in America. Un movimento che da musicale diventa culturale e proprio dove inizialmente le persone di colore lo praticavano nei ghetti delle grandi aree urbane statunitensi, una sorta di blues più moderno. I temi iniziali delle canzoni sono la rivendicazione sociale, la strada e la sua vita difficile e la protesta della ghettizzazione delle minoranze etniche nel paese di Zio Sam. Pian Piano però abbiamo una sorta di evoluzione, siccome il rap inizia ad appassionare un po’ tutti e nascono i primi rapper bianchi, trasformando l’hip-hop in un oggetto per abbattere le frontiere interazziali, diventando il minimo comune denominatore della strada, non facendo distinzioni di razza.
Il rap però in America viene visto dalle persone di alto ceto come qualcosa di rozzo e volgare, quindi inizialmente i rapper erano così conosciuti come attualmente. Infatti possiamo notare una grande evoluzione nel panorama underground, sia statunitense che mondiale. La nostra prima analisi è di tipo storico-comunicativa dove abbiamo tre maggiori fattori influenti che hanno modificato il rap: la nascita dei social, la nascita di un mercato streaming digitale e non solo fisico e soprattutto il rapper del 21° secolo non è solo un semplice cantante, ma un vero e proprio brand.
1. Il fenomeno dei social, ha creato un nuovo modo di diffusione e condivisione, creando un pubblico giovane, anche più giovane dei temi che i rapper spesso trattano (ma come dopo approfondiremo anche questi sono cambiati).
2. Collegato ai social e all’era digitale in generale, è importante il tratto evolutivo dello streaming. La musica non viene più venduta esclusivamente tramite i negozi di dischi, ma anche tramite abbonamenti digitali, ampliando così il pubblico. Tra i maggiori troviamo: Spotify, Apple Music e Deezer.
3. Il digitale porta al personal branding, un fenomeno improntato sul rendere la propria persona un prodotto del mercato e risultare appetibile e vendibile in più mercati possibili e immaginabili. Portando a una cura maniacale della propria persona sui social, creando anche collaborazioni che vanno oltre la musica, come nel mondo del Food e della moda.
Ed è proprio dalla moda che parte la seconda analisi dell’evoluzione del mondo hip-hop. Se inizialmente i rapper erano coloro che vestivano con felpe e maglie larghe o berretti da baseball, oggi non è più così. Il fenomeno “rap” si è così diffuso nei consumatori che è riuscito a introdurre lo stile underground anche nei brand di lusso, e lo possiamo notare in due diversi modi. Quasi tutti i rapper di oggi esaltano lo stile di vita lussuoso facendo a gara a chi ha il jeans più costoso, chi ha le scarpe più tamarre o la camicia più pagata, sfoggiando i propri look sui vari profili social. Ultimamente però prende sempre di più piede la moda di collaborare con brand d’abbigliamento, e non è solo un fenomeno americano. In Italia ad esempio, Sfera Ebbasta nel 2017 ha realizzato un paio di Nike Air Max bianche con le iniziali “$€” di gomma attaccate ai lacci. Già 7 anni fa Guè Pequeno aveva il suo brand di abbigliamento Z€N, diventando una sorta di pioniere del fenomeno moda-rap. In America invece sono tanti i rapper che hanno creato dei brand o delle capsule: Pharrell con Adidas, Kanye prima con Nike, passando per Louis Vuitton e poi con Adidas e Travis Scott con Jordan.
Infine l’ultima analisi è di tipo lirico-musicale. Anche se sembra banale, il rap è un genere musicale, ma pare che questo in molti se ne dimenticano. Dagl’anni ’80 le sonorità sono cambiate e anche parecchio, e non solo per una questione di anni e mercato ma anche per motivi geografici. Riassumendo in 3 grandi macro-aree possiamo catalogare il rap così: quello inglese (prettamente USA, ma pian piano anche quello della Gran Bretagna ha assunto importanza), quello spagnolo (per lo più quello Caraibico e Sudamericano) e quello in altre lingue europee (il più importante sicuramente è il francese).
Attualmente i temi del rap made in USA sono molto simili a quelli degl’anni ’90, tra la violenza, le gang, la strada, le armi ecc. ma con l’aggiunta anche di moda, supercar, gioielli e lusso. Importante però sono le sonorità, poiché attualmente da qualche anno in America va in tendenza la trap, caratterizzato da basi a volte anche house o dance. Il rap spagnolo, attualmente è caratterizzato dal trap latino, ovvero liriche dove la tematica centrale è l’amore (sia bello che quello finito male), su un tappeto musicale reggaeton molto amato nel mondo e definito abbastanza commerciale. Infine in Europa, il rap francese (da più tempo), tedesco, italiano e balcanico si sta diffondendo sempre di più nel panorama underground del vecchio continente, molto spesso infatti oggi vediamo collaborazioni tra i vari rapper europei (Ghali con Noizy, Sfera con Miami Yacine, Paky con Hatik, sono solo pochi dei nomi italiani) ispirandosi molto al rap statunintense.
Dopo queste analisi possiamo trarre una conclusione. Il rap è un continuo flusso evolutivo. Un genere che inizialmente non era apprezzato da tutti ma da solo un pubblico di nicchia che pian piano si è diffuso. Un genere considerato controcorrente che è diventato addirittura mainstream. Indubbiamente il rap è il genere musicale del 21° secolo, commerciale o no, capace di far appassionare un pubblico di tutte l’età. Il rap è paragonabile al fenomeno della musica rock degl’anni ’70 o alla musica discodance anni ’90? Si, perché come gli altri due è stato capace di modificare la società e di creare dei veri e propri trend universali. Ma il rap avrà mai una fine?
Articolo a cura di Lorenzo Muto!