Il nome che ancora oggi viene citato in continuazione da sempre nuove schiere di rapper, Club Dogo, porta con sé un patrimonio inestimabile per lo sviluppo del genere in Italia. Il fenomeno Dogo va ben oltre la qualità dei dischi e l’evoluzione musicale che nel tempo hanno compiuto: andrebbe rapportato come il più grande punto di partenza che a sua volta è stato punto di arrivo di qualcosa di precedente.
Le occasioni, i fatti, i luoghi che hanno reso possibile tutto ciò aggiungeranno a sé sempre nuove esperienze che, seppur col tempo si uniranno ad altre, avranno formato diverse generazioni di rapper. Vale la pena approfondire questa situazione solo se si capisce il concetto di “cambiamento del gioco”. I Dogo sono sicuramente stati dei game changer ma alla base sono riusciti a svoltare il gioco prima di tutto perché hanno cambiato sé stessi, e non nell’accezione più svilente del termine.
Jake, Guè, Don Joe sono partiti da loro stessi per capire ciò che ancora non andava nella scena italiana, ciò che sognavano con gli occhi sgranati dall’America, ciò che la loro musica preferita gli stava comunicando. Questo processo interiore però non è esclusiva della prima parte di carriera, essendo infatti un meccanismo che ha più volte ribaltato le leggi non scritte del gruppo. Sperimentando, portando nuovi stili, approcciandosi anche in maniera differente con lo stesso mercato italiano, sarebbe stato facile perdersi in un’eccessiva semplificazione.
Il gruppo però è riuscito con grande lungimiranza a stare sempre in piedi tra le due parti, parti che oggi ci sembrano divise da un filo sempre più sottile, è la forza d’equilibrio di tutto ciò è rimasta per sempre una: il rap. Eureka direbbe qualcuno, certo, ma quanto sarebbe stato più semplice cambiare del tutto dall’oggi al domani?
Viene da pensare quindi che i Dogo per ambizione personale abbiano voluto per primi portare in alto nelle classifiche il genere prima del loro nome. Vedere al primo posto i Club Dogo significava vedere al primo posto il rap italiano, in un periodo in cui gli erano concessi a livello mediatico ben altri e ben pochi scenari. In questo hanno comunque sempre cercato di rispettare il linguaggio al contrario di altri che si sono espansi diversamente: Fibra è probabilmente l’unico storico “rivale” che può reclamare la stessa importanza, ma in questa storia assume un ruolo diverso.
Quello stesso rap era la punta dell’iceberg di un intero immaginario che in America era già show business puro: la spavalderia di macchine, vestiti, donne, collane, l’arroganza di armi e droga. Un linguaggio che in Italia i pionieri del genere avevano sempre visto o con disprezzo o come qualcosa di lontano, che succede solo dall’altro lato dell’Atlantico. Lo spirito di emulazione dei Dogo ha però svelato questo codice a un sempre maggior numero di ragazzi, alcuni giovanissimi, che crescendo gli hanno dovuto rendere tutto.
E qualcuno potrebbe chiedersi, se fosse bastato rubare dall’America perché nessuno ci aveva mai provato prima? L’essere satelliti di qualcos’altro è un limite che sembra difficile superare oggi ancora più che qualche anno fa. Chiudendo questo discorso, pur essendo banale e semplicistico affidare tutto all’amore per questa cultura, gran parte confluisce proprio in quello.
La vera eredità dei Club Dogo sta inoltre a livello iconografico prima che nelle rime. Non che queste non fossero tecnicamente eccelse e di prim’ordine nel progetto ma si capisce chiaramente come per un ragazzino l’essere fulminato dalla loro musica non passi solo attraverso le barre. Passa più in generale per ciò che rappresentano, per ciò che non trovavano nella realtà di tutti i giorni che alla fine era la stessa da cui il gruppo raccoglieva l’ispirazione, rendendo più accattivanti e provocatori alcuni aspetti. L’insieme di tutto questo ha portato i Dogo e l’universo Dogo Gang ad essere la principale fonte d’ispirazione per le generazioni a venire, formati tecnicamente e a livello di attitudine da tutto ciò che avevano da raccontare.
Il peso specifico per Milano poi è ancora maggiore: i nuovi ragazzi, che siano le nuove leve underground come i fenomeni pop, citano quasi sempre i Dogo come il suono della loro crescita. Un’eredità incalcolabile di cui se si facessero i nomi degli interessati ne staremmo qui a parlare ancora per molto. Basta però ricordarsi di tanto in tanto che tutto ciò che oggi ci sembra normale anche qui da noi è in buona parte dovuto ai Club Dogo, probabilmente il gruppo hip hop italiano più influente di sempre.
Articolo a cura di Luca Gissi!