Corre l’anno 2015 quando il rapper Caneda decide di pubblicare Seven: una traccia in cui si raccontano tutti e sette i vizi capitali. L’esperimento non solo è un successo unico nel suo genere, ma detiene anche il primato di originalità, poiché nessun rapper ha mai rimesso in piedi un concept simile. Sicuramente, un enorme valore aggiunto della traccia è di unire sei featuring di spicco nella scena di cinque anni fa, i cui stili ben si combinano sopra una super produzione di Roofio.
Il brano si apre col ritornello di Caneda: viene ripetuta assiduamente la parola sette, che l’artista inserisce abilmente in contesti differenti, con riferimenti che spaziano dal numero dei peccati allo streetwear. Interessante anche la lettura a livello religioso del numero, che nel simbolismo cristiano rappresenta proprio la perfezione. In seguito al breve ritornello introduttivo, la prima strofa viene assegnata a Rocco Hunt, che rappresenta il peccato di superbia: chi ha un’eccessiva valutazione delle proprie capacità, in questo caso con riferimento alle manovre fiscali che hanno impoverito il Paese. La seconda strofa è introdotta da J Ax, incarnazione del peccato di gola e di quella fame che rende le persone disumane. La terza strofa, anticipata dal ritornello di Caneda, affida a Baby K il peccato della lussuria: un’eccessiva libidine, narrata abilmente dall’artista. Questa strofa è una perla di Baby K sconosciuta ai più, che conferma nuovamente la lungimiranza di Caneda nella scelta dei featuring.
È dunque la volta della quarta strofa, in cui Emis Killa tratta il tema dell’invidia a più sfaccettature: viene prima analizzata l’invidia negli occhi degli altri, in cui il rapper fa da spettatore esterno, poi parla dell’invidia che vede in prima persona negli individui che lo circondano o che parlano male di lui. In particolare, tengo a riportare la barra “l’invidia fa male solo a chi la prova”. Dopo un terzo ritornello, è il turno di Gemitaiz nella quinta strofa, in cui il rapper rappresenta l’accidia: congeniale al personaggio, trattare un argomento del genere risulta quasi naturale per il rapper, che svolge il compito in maniera egregia, suscitando anche un minimo di nostalgia nell’ascoltatore di oggi. A seguire, la sesta strofa è di Fedez, che affronta il peccato dell’avarizia: ancora una volta Caneda comprende perfettamente chi è il personaggio adatto a ogni vizio capitale, col risultato di una strofa da parte di Fedez veramente magistrale. Dall’attacco, ai contenuti, alla veridicità di quanto e come lo racconta. Infine, l’ultima strofa che rappresenta l’ira è, ovviamente, a opera di Caneda: le immagini che sono fornite nei versi sono chiare e d’impatto, così come la scelta stilistica di marcare alcune parole ripetendole. Viene creata dunque una forte continuità tra la struttura del breve ritornello iniziale e l’ultima strofa, in cui si fanno rime e giochi di parole intorno alla parola “neri”. La conclusione della strofa è altrettanto degna di nota, in quanto vengono si crea un parallelismo tra i peccati capitali e i gironi infernali danteschi.
In conclusione, si può dire che questa traccia non abbia avuto il successo e la considerazione che effettivamente meriti, forse per gli anni in cui è uscita o per altri fattori poco chiari. A distanza di cinque anni, riascoltarla suscita sicuramente sensazioni di nostalgia, tuttavia è chiaro come l’originalità sia stata il fulcro di questo progetto. L’invito è, nel caso in cui non aveste mai sentito questo brano, di rimediare immediatamente: è presente sia nei principali digital stores sia su YouTube con un video ufficiale, anch’esso particolare.
Articolo a cura di Alberto Di Maria!