Out Of Body Experience è un titolo emblematico che ci presenta al meglio il mondo ideato da Mace, la cui personalità è arrivata al grande pubblico solo negli ultimi anni: lui sulla scena ne ha invece venti, venti anni vissuti da funambolo tra hip hop ed elettronica. Un’anima sperimentale con il sacro gusto dell’underground che però non ha paura di confrontarsi con le classifiche: OBE ha anche questo ma nella mente del suo autore è un disco d’esordio che come tale esemplifica buona parte del suo percorso. Come convivono queste due metà?
Mace catalizza generi come pochi altri in Italia, creando un suono estremamente coeso ma che, in qualche modo, cerca sempre di rinnovarsi. Il motivo è semplice: nella sua lunatica visione ha tutto sotto controllo. OBE, riflettendo su sé stesso, riporta l’attenzione al concetto di disco che non si limita ad una semplice compilation di nomi: gli artisti coinvolti partecipano intimamente al progetto generale, seguendo con tranquillità la linea tracciata per loro dal producer.
Più per come si sviluppa che per come si presenta, capiamo che i nomi coinvolti sono protagonisti fino a un certo punto. A regnare sovrano non è nemmeno il singolo genere, la singola idea musicale ma tutta l’ambientazione. Quest’atmosfera nel disco sembra già esserci di principio e chi è coinvolto ha il solo compito di respirarci per un po’: si supera l’idea di genere e arriva l’idea di stile. Lo stile del disco è in tutto consequenziale e non possono essere mondi lontani, come la cassa dritta unita alla profondità soul, a spezzare quest’alchimia. I codici da cui Mace attinge rimangono tutto sommato stabili: l’R&B, il neo-soul, il trip-hop, la deep house fino a macro influenze pop e hip hop. La varietà del disco si confronta con questi sistemi in cui riesce a trovare sempre vita nuova. Trasversalmente poi rientra anche una dimensione onirica, psichedelica, di contro appiattita da alcune voci: a risollevare il tutto un effettistica che esplode in un mix allucinogeno. Gli effetti sono i veri colori che dipingono un ambiente pieno di sfumature in potenza; sono quindi l’atto che delinea queste ombre. Il trip in sé ma non solo, anche ciò che provoca. Abbiamo però capito che Mace in questo viaggio non parte da solo.
Il soggiorno in questo ambiente per alcuni nomi è stato totalmente naturale ma solo pochi riescono addirittura a plasmarlo. Stiamo parlando di Venerus in primis che non molto meno dello stesso Mace percepisce tutte le sensazioni del disco: è lui l’indiziato speciale a cui il disco sembra rivolgersi al meglio. Ci sono poi altri nomi altrettanto prestanti al progetto: Chiello, Joan Thiele, Rkomi, Blanco, DARRN. Tutti nomi in qualche modo già a metà tra diversi generi o addirittura dentro quelli citati: il resto certo non sfigura ma in alcuni casi la costruzione musicale sembra reggere da sola le tracce. In generale, nonostante l’esclusione di ospiti stranieri, riesce ad emergere quella particolare patina internazionale che fa parte dell’animo globale del producer.
Una prova degna di lode che può far luce al grande pubblico di sonorità così particolari: Mace riesce con grande astuzia a trovare il giusto compromesso, la misura per raccogliere e valorizzare un’esplosione di idee. OBE è la prova più importante del 2021 italiano? Sì, ma fino a data da destinarsi.
Articolo a cura di Luca Gissi!