La verità è un salto nel buio, soprattutto se non hai barriere che ti costringono: la verità è libertà, soprattutto quando non hai bisogno di vestirla per descriverla. E di vestiti Francesca Calearo ne ha indossati, soprattutto quelli al Festival di Sanremo, che coprivano il suo corpo: sono riusciti a dare una forma al suo aspetto, ma non sono riusciti a rinchiudere in una gabbia la sua “Voce”. Perché libera e pensante, perché gioca a scoprirsi come un pavone, anche quando i petali non sono colorati di un blu e verde intenso. Madame ha esordito da poche ore con il suo primo album ufficiale e la corsa a cercarle una sua dimensione e una sua categoria, non solo musicale, ma anche personale, è appena iniziata. Ma chi ha ascoltato l’omonimo disco potrebbe esser deluso: ciò che risalta proprio dalla produzione musicale, dalla scelta dei brani e dalla costruzione semantica del progetto, è la libertà di essere ciò che vuole. Francesca, l’alter-ego di Madame, non è alla ricerca di un proprio ruolo nel gioco, anzi è il gioco che si sta affannando a trovarle una posizione, uno stereotipo che aumenti la comprensione musicale del suo progetto, della sua persona. In questo inseguimento, “Madame” risulta un progetto articolato, nella struttura musicale quanto lirica, riconoscibile al primo ascolto grazie al tono distinto dell’artista, ma quanto mai bisognoso di attenzioni quanto di impegno all’ascolto, una recita che racconta una verità musicale senza barriere.
L’introduzione con Voce
“Madame” risulta un mix tra suoni e immagini già dalla copertina, curata dal designer Omtode, Simone Furlan e dal fotografo Mattia Guolo, in cui Madame viene raffigurata in primo piano su sfondo completamente grigio. Un viso disinibito quanto incurante del pensiero altrui, accompagnato da una doppia collana di perle bianche. Un salto e ci ritroviamo nella intro del disco “Istinto”, un brano in cui Madame, alter-ego musicale di Francesca, racconta l’istinto animale della protagonista, qualcosa che l’ha costretta e legata in passato a scelte sbagliate, su un beat tamburellante dei Crookers, una scelta che sempre di più sta pagando nell’hip hop italiano. Stacco. Arriva la “Voce”, sembra ancora di vederla sul palco dell’Ariston, quando un teatro vuoto si riempì della sua enfasi, quando il pubblico spalancò gli occhi, vedendo la diciannovenne di Creazzo, piccolo paesino in provincia di Vicenza, prendere le redini dello spettacolo. Dardust disegna musica e Madame la riscrive, come la prima volta, quando nel suo letto con le cuffie incominciò a cantarla e sentire quelle variazioni di accordi. La potenza vocale di Madame non sotterra ma esalta il suo passato, il suo continuo ricordo di ciò che è successo. Il premio “Lumezia” potrebbe essere solo il primo passo, il primo attestato in grado di dare consapevolezza alla propria musica. Sicuramente non l’ultimo.
L’influenza hip hop
Il terzo brano, dei 16 della collezione, è il terzo singolo estratto dall’album “Il mio amico”, il primo con una collaborazione di un certo livello: Fabri Fibra. Si tratta de “Il mio amico”, un brano che segue la tendenza pop-dance degli ultimi mesi, portato ai massimi livelli da Dua Lipa nel suo “Future nostalgia”. Suoni anni ’80 che però raccontano l’amore per la musica dei due protagonisti, in maniera velata per Madame che continua a giocare con il dualismo personale con Francesca, facendo incontrare la realtà personale con quella musicale: molto meno velata invece sembra la dedica al rap per Fabri Fibra che canta: “Tu mi hai salvato dal vuoto che c’è, sei più di un amico, tu frate sei un mito, lo so che fa strano, ma parlo del rap”. Se volessimo dare un cenno per comprendere i prossimi tre singoli del disco, dovremmo parlare di rap, meno in quanto realizzazione musicale, più nella sua fase di scrittura: “Bugie” con Rkomi e Carl Brave, “Babaganoush” con i Pinguini Tattici Nucleari, ma soprattutto “Dimmi ora” con Guè Pequeno. Se nel primo brano, le linee melodiche dei tre artisti riescono a creare stacchi vertiginosi, anche grazie alla differente velocità che raggiunge Madame nel ritornello, rispetto a Rkomi e Carl Brave. Un singolo che racconta l’uso delle bugie nella vita quotidiana, un resoconto della loro fruizione, il modo in cui ci sentiamo dopo averle dette. Un ritmo arabeggiante invece per il singolo con i Pinguini Tattici Nucleari, forse insieme a “Voce” una delle canzoni più radiofoniche del testo. Il suono mediterraneo e i continui riferimenti alla cultura araba, che sublimano nel titolo, raccontano una multiculturalità, figlia della nuova generazione musicale: il babaganoush si spoglia dalla sua accezione alimentare, essendo una salsa medio orientale composta da melanzane, e diventa il simbolo di un’integrazione culturale. In “Dimmi ora” con Guè Pequeno la musica ritorna al centro della narrazione, con Madame che racconta in e out mentali che la disperdono nel suo mondo musicale, come quando canta: “In fondo son solo che pezzi, che non ho ingerito da subito, ti ci ho mischiato da stupida, ti chiedo scusa di nuovo, perdona la mente non lucida”. Guè, come da un po’ di anni a questa parte, sembra sempre più riflessivo su ciò che ha costruito e poi distrutto attraverso la musica, qualcosa che non si limita al personaggio, ma che ha causato problemi alla sua persona. La figura di padre e re della scena la sente addosso più che mai, consapevole però che un giorno arriverà la ruggine sulla corona: “Dove sarai quando la mia corona farà ruggine? Sembrava si inchinassero, ma stavano prendendo le misure per farmi cadere in basso”. Piccola nota culturale, è il verso che segue, in cui cita Miles Davis e il suo album “Round about midnight”. C’è un motivo perché Guè Pequeno è ancora il miglior rapper italiano, e le sue citazioni, sono una valida prova.
Un viaggio introspettivo erotico
L’album prosegue con due brani molto simili tra loro: se da una parte c’è Clito, secondo singolo estratto dal disco, pubblicato lo scorso 6 novembre, in cui Madame racconta la sua libertà sessuale in toni provocatori, sollecitando la sua autoaffermazione, le sonorità quasi trap del brano si trasformano in una nuvola, in un’atmosfera cloud in “Mood” con la giovane promessa Villabanks. Il bisogno di leggerezza regna sovrano, quanto la libertà di esplorare il proprio corpo e quello altrui. “Nuda” con Ernia sublima il viaggio erotico, introspettivo della cantante vicentina, come quando canta: “I miei ricci ti bagnano il culo, ti bagno la tuta, mi bagnerò tutta, ti stacco il seno come una verruca”. Non da meno Ernia, paroliere tra i più fini del rap italiano, le sue immagini fluttuano decise a destinazione, la sua voce accompagna quanto riscalda.
Il legame con la famiglia
Madame a questo punto cambia il suo costume, la sua voce diventa inflessibile, così sicura della vita da far sembrare a tutti che abbia già visto il suo futuro, o che almeno lo abbia scelto. È il senso di “Bamboline boliviane”, dove nella prima strofa la sincerità con cui vende sé stessa e la sua musica è quasi altezzosa, dà un tono a ciò che il pubblico ascolta, dà una definizione del suo viaggio musicale all’interno del suo viaggio personale. Con la stessa forza arriva “Mami Papi”, una richiesta di affetto alla propria famiglia, che parte propria con la voce, registrata nel passato, della madre, che chiedeva all’adolescente Francesca Calearo, cosa volesse fare della propria vita. Una richiesta che si rinnova in ogni verso, una preghiera che si identifica nella parola “dimmi” ripetuta in maniera ossessiva.
Da Baby al freestyle di Amiconi
Cambia ancora il mood del disco, ripartendo dal primo brano scritto per quest’album: “Baby”. Il singolo pubblicato il 28 febbraio 2020 è la leggerezza di Madame racchiusa in un brano, in cui cerca di allontanarsi dalle pressioni del proprio partner, in cui il sesso e il suo consumo si riproducono nella metafora della sigaretta senza la macchia di rossetto, lasciata sul proprio partner. A rendere l’atmosfera più dance, ci pensano la coppia Mr Monkey e Gaia Gozzi, protagonisti del singolo “Luna”, un brano che potrebbe benissimo diventare un tormentone estivo da club. I riferimenti alla luna e al cielo, e alle persone che vivono osservandoli, completano l’immaginario della canzone. In piena ottica disco rap, arriva il freestyle di “Amiconi”: una scelta in controtendenza, perché lo si ritrova negli ultimi brani del disco, invece che essere il primo. Ma “Madame” è anche questo, e allora il volume dello scontro si alza, in una narrazione in cui racconta le sue prime esperienze, non solo musicali, ma anche quella con un partner molto più grande di lei. La scelta nella scrittura è chiara: la verità, non altro che la verità. E allora non sorprendono i versi “Sono fuori di testa, l’ho già detto e lo ripeto, prima amica vera a diciassette, già a metà liceo” e “lei che mi faceva il filo, ma io le ho tagliato il dito, lei che mi mentiva su di sé per un più bel faccino non capisco il motivo, ma comunque non le scrivo, lui avrà pure trent’anni, però sa come parlarmi”. Una fluidità che non ha bisogno di essere adornata, ma ascoltata nella sua verità.
Il disagio della verità
La gioventù e la sfrontatezza di Madame e Blanco risaltano nel penultimo brano del disco “Tutti muoiono”, in cui il tempo diventa protagonista della narrazione, maltrattato dai due cantanti. La ribellione ai canoni specifici, a chi cerca di salvarsi dalla cura del tempo, viene spazzata via nel ritornello finale, disegnato di nuovo dal produttore emiliano Mr Monkey, in cui i due cantano una verità essenziale: “Tutti soffrono, tutti muoiono”. Se avessimo avuto bisogno di dimostrare, ancora una volta, la realtà quasi scomoda, in cui ci sta ponendo Madame, arriva al momento perfetto l’ultimo brano: “Vergogna”. Distante proprio dal concetto stesso, l’artista vicentina rivela parti nascoste di Francesca, un chiaro segno del suo background: dagli inviti al compleanno avuti praticando sesso orale, ai tagli sul braccio per mostrarsi problematica. E poi il disagio sessuale e le scoperte premature, sublimato tutto nel ritornello: “La vergogna non la provo, e la mia faccia non colora, sono così sincera da farmi schifo da sola”. Si potrebbero dire tante cose su “Madame” e Madame, ma la realtà di questo disco supera la descrizione: è il racconto vero di una nuova generazione, che tocca tasti e canali diversi rispetto al passato, e Madame mettendosi a nudo, sembra voglia darci dei punti da cui partire.
Articolo a cura di Vincenzo Nasto!