Bella Desperado, è uscito da poco il tuo nuovo singolo “Babylon Rosso Fuego” e volevamo chiederti se ci puoi raccontare un po’ come è nata questa canzone?
Il 2020 per me è stato un bell’anno, pieno di nuove amicizie nuove tra cui quella con il producer Memo.
Ci siamo incontrati un po’ di volte insieme ad altri amici in comune per ascoltare beats e fare freestyle. Un pomeriggio, mentre ero a casa sua ad ascoltare alcuni dei suoi lavori editi e non, mi ha fatto sentire un beat chiamato “DECAFFEINATO120”: mi ha completamente mandato fuori di testa e ho iniziato subito a canticchiare: “mai in ritardo mai…”
Cosa ti ha spinto a ritornare a fare musica e cosa intendi trasmettere attraverso questa traccia?
Il mio ultimo disco è uscito nel 2016, ma è stato scritto quasi interamente durante i 2 anni precedenti.
Da quel momento non ho mai più scritto fino a quando non ho conosciuto Paziest: produttore, amico, socio e mentore (per l’esattezza da quando mi ha portato a casa sua a Carloforte, in Sardegna nel 2018). Da allora non ho mai più posato la penna e sono uscite una quantità incredibile di canzoni fino ad arrivare ad oggi, a Babylon.
Voglio semplicemente trasmettere, come è sempre stato, quello che sto vivendo, ma in un modo più semplice. Direi che ormai ho completato le mie 10 mila ore di pratica.
All’interno di Babylon Rosso Fuego troviamo delle sonorità molto Trap, ma nella tua carriera hai dimostrato di saper variare su diversi generi. Che concezione hai quindi della musica e cosa ne pensi di quei trapper o rapper che magari non sono molto propensi a sperimentare?
Sono cresciuto ascoltando Pino Daniele e Goodie Mob, per me la musica è sempre stata, nella sua complessità, un’espressione del presente con l’intento di comunicare e condividere. Più che un insieme di generi, la musica per me è ciò che viene espresso direttamente dall’anima.
Sperimentare è sempre stata la mia indole, non lo faccio consapevolmente credo:
mi sposto e salto da un posto all’altro contaminando me stesso e di conseguenza anche ciò che creo viene influenzato.
Per questo motivo non mi sento di giudicare un artista poco propenso a sperimentare, a variare e quindi ad innovarsi, personalmente però, penso che evolvere artisticamente sia necessario per continuare a sorprendere.
È anche una sfida con sé stessi per vedere se si è in grado di uscire dalla comfort zone, questo lo apprezzo molto negli artisti.
Questo singolo è solo l’antipasto del tuo nuovo album “Le avventure di Victor Sugo”. Ti chiediamo quindi cosa ci dobbiamo aspettare da questo progetto e qual è il significato di questo titolo che immaginiamo sia ispirato a Victor Hugo?
Questo disco nasce proprio dalle amicizie che mi sono fatto e dalle persone che mi stanno vicine.
È il mio progetto più completo: ho ascoltato consigli, ho avuto conversazioni lunghissime con i miei soci e l’ho realizzato con meno paure e più voglia di fare qualcosa di totalmente nuovo.
Le parole d’ordine sono state: “Buttiamo giù e ricostruiamo tutto”.
Questo disco per me è una boccata d’aria fresca.
Si, è assolutamente ispirato a Victor Hugo e questo perché “Le Avventure di Victor Sugo” è una raccolta di poesie del poeta più “saucy” che ci sia.
Qual è invece l’origine del tuo nome d’arte? Per te ha un significato particolare?
Il mio nome racchiude un po’ il mio personaggio: clima arido, pioggia quando serve, deserto…
Ma non l’ho studiato, è venuto lui a cercarmi.
Non è il nome che ho da sempre, Mick Jenkins con il suo “The Water[s]” ispirò quello che oggi è Desperado Rain.
A quale dei tuoi progetti passati sei maggiormente legato? E a livello di visibilità ottenuta hai qualche rammarico oppure ti ritieni soddisfatto?
Forse “P48”, perché non era neanche pensato o studiato, eppure è quello che ha riscosso maggior successo e migliori feedback di tutto il mio percorso artistico. Eravamo a Pisa per 2 giorni a girare il primo video di Arven Argot (membro dell’etichetta Atelier 71, e -piccolo spoiler- artista che sarà presente sul mio nuovo album) e nell’arco dell’ultima sera abbiamo prodotto, scritto e registrato il mixtape. Possiamo dire che P48 è un Proto-AVS.
No assolutamente, nessun rammarico o rimpianto per niente di quello che ho e che non ho fatto fino ad ora nel mio percorso musicale, ma al contempo non mi ritengo neanche soddisfatto. Posso sempre fare meglio, ieri peggio di oggi, domani meglio di oggi.
Quanto sono importanti per te a livello artistico le tue origini africane? E quante difficoltà hai trovato per emergere qui in Italia?
Le mie origini sono fondamentali. Fanno di me ciò che sono oggi. Avendo anche passato diversi anni in Marocco è come se, a volte, avessi 2 differenti punti di vista e opinioni riguardo ogni tema e su ogni situazione che mi si presenta. Questo mi permette di trovare un equilibrio che forse non avrei senza questa mia dualità dovuta alle mie radici e al mio percorso.
Emergere in Italia è peculiare e per certi versi sembra impossibile, quindi, come per molti, le mie difficoltà non sono determinate dalle mie origini, bensì da i contatti e le conoscenze che posseggo o meno.
Hai già in programma dei live in vista dell’uscita del tuo nuovo disco? Oppure state ancora aspettando l’evolversi delle varie riaperture?
Chi mi conosce sa che non farei musica se non fosse altro che per portarla dal vivo. Quindi se un mio nuovo disco è in arrivo, aspettatevi un nuovo spettacolo fatto su misura per l’occasione.
Ti ringraziamo per la disponibilità per questa intervista e ti invitiamo a concludere salutando e ringraziando chi più ritieni opportuno.
Grazie a te che ti sei pres* il tempo di leggere ed arrivare fino a qui, faccio musica per te.
Stay Healthy, Stay Blessed. Ci vediamo a disco uscito!!
Exclusive Mag,
Hollaaa!!
Intervista a cura di Giovanni Paciotta!