Ciao Dirt, benvenuto ad Exclusive Magazine! Innanzitutto complimenti per l’EP, ascoltandolo si capisce quanto il tuo modo di pensare sia “Profondo”, per riprendere il titolo. Sei molto giovane ma in tanti testi la tua maturità va oltre all’età anagrafica, da cosa ti ispiri per la tua scrittura e per il tuo approccio ad essa?
Grazie ragazzi, sono felice di questo! In realtà non mi ispiro realmente a nulla nello specifico ma sono diversi input che, uniti insieme, mi danno un’idea o mi fanno creare un’immagine mentale di un certo tipo. Tendenzialmente, per quanto riguarda la scrittura, sono molto insicuro. Non parlo mai di quello che ho né di quello che vorrei da un punto di vista materiale ma cerco di guardarmi dentro per raccontare quello che mi passa per la testa ogni giorno
In quasi tutte le tracce del disco si sente il tuo malessere, che è comune in molti giovani. Personalmente cosa ti fa stare male in questo mondo? E secondo te perché le giovani generazioni non trovano dentro ad esso un loro posto?
Secondo me non esiste più l’empatia. Viviamo in una società fin troppo competitiva in cui o distruggi o vieni distrutto e chi si trova in mezzo non ha scampo, mentre certe volte basterebbe fermarsi a riflettere per capire cosa potrebbe ferire chi è attorno a noi. Invece per quanto riguarda il trovare un posto dentro questa società ne capisco la difficoltà. Tutti sogniamo qualcosa di diverso ma non tutti hanno la forza mentale per adattarsi ai continui cambiamenti che si susseguono in questa società, alla fine bisogna avere tanta costanza e un po’ di follia per riuscirci davvero.
Sotto questo punto di vista è fondamentale il brano finale: “Troppo poco”. In questo accusi la classe dirigente di promettere ma non mantenere. E’ una denuncia sociale a tutti gli effetti. Quanta fiducia hai invece nella tua generazione?
La fiducia è l’ultima a morire. Per alcuni aspetti penso che la nostra generazione sia molto più al corrente rispetto a certe tematiche delle precedenti generazioni, ma questo non basterà a sistemare ciò che non funziona. Quello che secondo me va sviluppato è un pensiero critico rispetto a tutto ciò che ci circonda.
Nomini diverse volte il futuro in tutto l’EP, un futuro che ognuno di noi cerca e desidera profondamente. Tu dove ti vedi tra un anno? Inoltre vorrei chiederti se ci fosse una parte di te che vorresti cambiare in futuro.
Non ho davvero idea di cosa mi aspetti… questo è un periodo particolare della mia vita in cui tutto sta cambiando in maniera molto frenetica e devo dire che non mi dispiace affatto. Vorrei spostarmi da Palermo (ma solo per ritornare) per girare tra Roma e Milano e ampliare le conoscenze all’interno di questo settore. Di me, invece, certi giorni cambierei tutto, altri non cambierei niente. Sto imparando a conoscermi e questo mi sta dando sicurezza rispetto a quello che voglio fare.
Le produzioni del progetto (fatta eccezione per la titletrack) sono state curate da te. Per crearle pensi spesso al mood del testo oppure è un lavoro spontaneo in cui prevale il tuo impulsivo?
È un mix tra varie cose. Io personalmente cerco sempre di dare una impostazione chiara rispetto a quello che voglio trasmettere, per fortuna accanto a me ci sono delle persone che hanno capito realmente la mia visione e cercano di farla diventare realtà impegnandosi al massimo. Per il resto, molto spesso, continuo a essere il solito impulsivo capace di stravolgere tutto nel giro di un giorno ma sto lavorando anche su questo.
Ti ringrazio per la tua disponibilità e per chiudere la nostra chiacchierata ti chiedo di salutare, soltanto col suo nome, una persona che non vedi da un bel po’ di tempo e che ti manca
Per questioni distanza purtroppo non vedo molto spesso mio padre. Lui è una delle persone che ha influito di più per quanto riguarda i miei gusti musicali. Fin da piccolo mi ha sempre fatto conoscere tantissima musica che nel tempo mi ha segnato nel profondo.
Intervista a cura di Gabriele Dimarco!