Ciao Lortex e benvenuto, direi di iniziare con una domanda frizzante, mettiamo che qualcuno non ha mai sentito parlare di te, cosa gli diresti per colpirlo?
Guarda, gli direi che ho iniziato da quando avevo 13 anni a scrivere canzoni e che ho abbandonato tutto per la musica, ho messo da parte amicizie e amori, ho messo da parte un po’ la mia adolescenza, perché ho subito capito che al cento per cento era quello che volevo fare, ed i risultati (per fortuna) poi sono arrivati fin da subito. La mia musica è una musica diretta, la musica a mio parere dev’essere verità e le persone ricercano la verità e non puoi non ascoltare la mia musica se ricerchi questo perché secondo me è la caratteristica principale di quello che faccio, sono sempre stato trasparente, vero, sincero e soprattutto diretto.
Da poco è uscito “Corallo”, canzone che ricalca questa idea dell’essere diretto, essendo anche una lettera aperta a chi ascolta, e ti vorrei chiedere di raccontarmi, al di là del brano, in quale momento della tua vita hai scritto questa canzone, se c’era un mood particolare e soprattutto vorrei chiederti il perché di questa canzone, qual era il bisogno intrinseco che ha dato vita al brano?
Ti dico la verità, hai usato una parola corretta nominandola come “lettera aperta” che per chi ascolta il brano può cogliere diversi messaggi, essendo la musica molto soggettiva, e può sembrare una lettera alle persone anche se in realtà l’ho scritta dedicandola anche un po’ a me stesso; i messaggi che do nel brano come: credi in te stesso o buttati nelle occasioni che ti mette davanti la vita, nel momento in cui li ho scritti, li ho rivolti in primis a me stesso perché ne avvertivo proprio il bisogno; ho scritto il brano quando “Mia” è esploso portando con se un bellissimo periodo, ma allo stesso tempo generando alcune ansie e qualche dubbio, tant’è che ogni volta che ritornavo sul foglio non riuscivo più ad essere soddisfatto di quello che scrivevo, perché portavo tutto a paragone di quel brano che era andato così tanto bene e dovevo mantenere le aspettative che la mie testa si era creata, quindi si è stato un momento difficile nonostante sia stato positivo nei risultati perché stavamo toccando tutte le classifiche, scriverlo in quel momento è stato un modo per dire a me stesso: liberati da tutte queste ansie da tutti i pensieri, scrivi, ricordati chi sei e dedicati questa canzone, ed è così tanto personale che penso sia proprio per questo che le persone riescono a ritrovarsi in essa.
Hai parlato di dubbi e sembra quasi fatto apposta perché la prossima domanda vuole un attimo riprendere questo discorso. Testualmente, nel brano, ad un certo punto dici: “Non dirmi che non sono in grado”; e tornando indietro nel tempo ti chiedo, se c’è qualcosa per cui oggi puoi dire: Vedi sono in grado, nonostante mi dissero il contrario. C’è stato qualcosa che ti sei detto a tal riguardo?
Guarda, proprio per il fatto che ho iniziato quando avevo 13 anni, mi sono ritrovato fin da subito in mezzo a un mucchio di persone, esclusa la mia famiglia, che mi mettevano sempre in dubbio dal primo giorno, quando ho comunicato a tutti che volevo fare musica e volevo diventare un artista era una presa in giro continua, mi ricordo che quando camminavo per strada tutti mi prendevano in giro e penso che sia perché quando credi in qualcosa di diverso sei facilmente attaccabile. Ed io ho da subito voluto dimostrare di essere forte, di essere in grado di credere nei miei sogni (che è una cosa molto difficile), i risultati poi si son fatti voce di sentenza tant’è che quelle persone che non credevano in me hanno potuto rispondere solo con il silenzio. È successo anche da parte mia di dirmi: Ma sei sicuro di voler fare musica? Ne sei in grado? Sei pronto? È molto importante per me mettermi in discussione, non è un disco d’oro a darmi certezze, però serve perché mi porta a mettermi in discussione per non agiarmi sulle allodole.
A proposito di queste dinamiche sociali, cose che puoi aver perso, persone che c’erano e adesso non più, anche nel brano a un certo punto dici: “Se guardo in basso un po’ mi fa paura perché ho sempre perso quello a cui tenevo”. La domanda nello specifico è c’è qualcosa che hai perso ma per cui, ad oggi, senti ancora il peso di quella perdita?
Innanzitutto ti ringrazio per questa domanda perché è una cosa che apprezzo e soprattutto mi piace analizzare i concetti delle singole frasi. Quel passaggio che citi è molto importante secondo me, perché racconta il momento con cui con una persona che ti è vicina stai bene, tocchi il cielo, il problema sorge dal fatto che avendo già passato quella situazione, ho già provato quel momento e mi ha scottato, lasciandomi un segno, perché quella persona poi ho finito per perderla; ho paura di stare bene, stare bene è uno stato d’animo che quasi mi terrorizza. Quello che sicuramente mi pesa di più è aver perso determinate persone, essendo io una persona che si apre difficilmente agli altri, quando lo faccio, lo faccio al 100%, penso in particolare ad una persona con cui mi sono aperto su tutta la mia vita e questa persona da un giorno all’altro non c’era più, uno condivide tutto, condivide le proprie giornate e poi l’altra persona da un giorno all’altro sparisce; credo che queste cose ti segnino lasciando dei piccoli traumi difficili da superare, per questo ho paura di stare bene, perché adesso non mi fido più delle persone ed è molto più difficile aprirmi.
Ma partendo da ciò che hai appena detto come fai poi a dire, allo stesso tempo, “credici sempre anche quando ti sembra finita”?
Quello che citi, nel momento in cui l’ho scritto vuol essere più un messaggio per quelli che sono gli obiettivi che ci prefiggiamo, pensavo a quello, a tutti i miei coetanei con cui mi rapporto e mi fa piacere vedere che in questa generazione c’è la voglia di fare, di costruirsi un futuro e una strada propria, senza seguire quelle che esistono già; però come ti dicevo prima è molto difficile credere nei propri obiettivi, quindi diciamo che io con quella frase penso a quello, poi è anche giusto che alle persone arrivi in maniera diversa.
Il brano, parlandone in senso generale, è sospeso su varie influenze musicali grazie anche al ritornello di Chiamamifaro, quindi ti faccio una doppia domanda: la prima, in relazione al featuring, ti chiedo in maniera diretta se c’è stata una dinamica di mercato dietro la scelta del featuring? O se è stata una scelta po’ più intima? E allo stesso tempo essendo un brano Rap e Pop che viaggia su plurime influenze, vorrei chiederti se i generi musicali esistono ancora? O se esistono solamente per chi deve scrivere, per chi fa le classifiche e le playlist?
In realtà io sono uno di quelli a cui non è mai piaciuto etichettare la propria musica, è ovvio che chi riesce ad identificare un’influenza può dire etichettare dei suoni però io non mi identifico molto in questo, il mio genere se proprio vogliamo definirlo è un ibrido con melodie Pop e flow Rap ed è giusto dirlo però le etichette non sono qualcosa che mi rappresentano. Per il featuring con Chiamamifaro non c’è stata nessuna dinamica di mercato: io ho scoperto Chiamamifaro a febbraio e ho finito di scrivere “Corallo” un anno fa, per il brano cercavamo una voce femminile con la possibilità di avere anche nomi grossi sul pezzo, nomi che hanno anche il triplo dei miei ascoltatori, in questo caso scegliere un big affermato sarebbe stata una scelta di mercato; la realtà è che poi ho fatto i provini e non mi convincevano le voci sul pezzo. Chiamamifaro la scopro su Spotify a febbraio e ne rimango folgorato, perché ha un timbro unico e la capacità di comunicarti quello che canta, e questo era quello che mi serviva all’interno del pezzo. Ci siamo subito trovati quando è venuta in studio a Torino, lei è di Bergamo, ci siamo subito sintonizzati bene sia dal punto di vista personale sia lavorativo, sintonia che mi ha portato ad apprezzare il brano e ad esserne soddisfatto al cento per cento, poi al di là di come andrà con i numeri, sono felice che il pezzo sia uscito e che sia online perché è un brano a cui sono tanto legato e a parer mio se ascolti “Corallo” anche tra 10 anni sarà sempre attuale e per questo vorrei ringraziare tutti quelli che ci hanno lavorato.
Hai parlato di ascolti, i guru dell’economia dicono che arrivare al primo milione, dal punto di vista monetario, è una soddisfazione ed è una cosa difficile; in relazione a te arrivare al primo milione di ascolti come ti ha fatto stare? E adesso, invece, come vivi il traguardo del milione quando un tuo brano lo raggiunge? Senti ancora lo stesso brivido o ci hai fatto l’abitudine?
L’essere umano ha un brutto difetto, che ho anche io, ed è il difetto di voler sempre di più. Quando ho fatto il primo milione ho toccato le stelle, ma anche quando ho fatto le prime dieci mila visualizzazioni con il mio primo video su YouTube, ed era assurdo per me, perché avevo iniziato a fare musica con un sogno, quello di poter avere due o tre persone che avessero una mia canzone nelle cuffiette, abbiamo superato le aspettative. Il primo milione è stato super non tanto per il numero, ma perché sai che un milione di persone ha ascoltato la tua musica. “Mia” oggi ha fatto circa trenta milioni, il numero mi fa certamente piacere ma io vedo le persone, e questo mi riempie il cuore.
Una cosa che ad oggi non è scontata è l’elettricità, si sa che per via della guerra in Ucraina c’è stato questo caro dell’elettricità, questo caro, ha portato all’occhio dell’Italia il fatto che come paese non riesce a sostenersi da solo almeno dal punto di vista dell’elettricità. Se tu ti trovassi al posto dei legislatori cosa faresti per sistemare questa cosa?
È una domanda difficile, proprio perché essendo qualcosa da cui siamo dipendenti, mi trovo a risponderti dicendo che potrei fare qualcosa solo nel caso in cui essa dipendesse interamente da me, però parlando di energia parliamo di temi che non sono proprio di nostra competenza in questo momento.
Siamo arrivati alla fine, e in primis ti chiedo, ora che il covid sembra aver allentato la sua morsa, quali saranno i tuoi prossimi progetti? E per concludere ti voglio far fare i saluti ma in maniera particolare cioè, e mentre fai i saluti devi dirmi esattamente il contrario di quello che pensi.
Dopo aver passato due anni d’inferno, in questo tempo io ho scritto “Mia”, insieme a pezzi che sono andati molto bene e che non ho mai suonato live, e non poterli suonare è qualcosa che ti logora dentro. Ma ci stiamo organizzando per tante date dal vivo e voglio veramente suonare il più possibile tra festival e date mie, così che finalmente si potrà creare la possibilità di poter incontrare il mio pubblico che è veramente uno dei momenti più belli del mio lavoro. Per quanto riguarda nuovi progetti, il progetto futuro è quello di far uscire un EP, che sarà più un regalo ai fan, così che possano avere qualcosa di più corposo rispetto al solo singolo. E per concludere ti dico che non mi è assolutamente piaciuto fare quest’intervista, perché sembra che tu abbia fatto un copia incolla di altre interviste, non ti sei documentato ed ogni domanda era fuori luogo e fuori contesto e sicuramente non ci sarà mai più una seconda volta…però adesso non fare l’arrabbiato!
Intervista a cura di JdOnTheBeat e Ermes Bellina!