Clementino ha da poco pubblicato il suo nono album, “Black Pulcinella”, una suggestione verbale scelta per raccontare le sue due anime. Quella musicale delle sonorità afro che appartengono al suo background, e a cui ha attinto per dar luogo alla propria arte, e quella umana, l’impersonificazione della maschera partenopea. È un album ruvido, incisivo, il più hip hop dei suoi dischi, come lo ha definito lui stesso. A tratti quasi brusco rispetto a quello a cui ci ha abituati. Anche questo è il il lato Black di Iena White e del suo territorio, una risata amara che, fin da dall’arte di Totò, contraddistingue il tono di voce con cui Napoli comunica la sua natura duplice. A bene vedere infatti, al di là del singolo progetto, è più in generale l’identità di Napoli che emerge attraverso l’artista. Ovvero l’abilità di esorcizzare la drammaticità con il sorriso rendendo narrativamente appetibile il dramma, la capacità di far ridere e riflettere al tempo stesso. In questo contesto la voce di Clementino è un veicolo, come lo sono altri protagonisti della scena. Uno tra tutti è Rocco Hunt. Campano come Clementino e di 8 anni più giovane, entrambi hanno avuto il merito di essere stati i primi a portate il rap sul palco dell’ Ariston.Il Poeta Urbano ha avuto spesso la nomea di essere il suo successore infatti ha coinvolto Cleme sin dal suo album d’esordio, e, forse non a caso, nella traccia centrale del disco, “Capocannonieri”, proprio nel cuore dell’album. Quel progetto cavalcava tematiche leggere, raccontava del divertimento e della spensieratezza adolescenziale. Da allora sono trascorsi quasi dieci anni e le narrative di entrambi sembrano essersi evolute, di pari passo.Se quasi 10 anni fa, con il pezzo “Giungla” dell’album “Mea Culpa” di Clementino, tutti e due avevano ancora bisogno di smontare gli stereotipi legati all’immaginario partenopeo, e rappavano “Vec ca manc c’abbast na jurnat e sol”, ora, che la scena napoletana si è affermata con prepotenza ed è tramontata quella necessità di essere riconosciuti, insieme possono esprimere una narrazione più profonda. Così, superati i cliché, percorse le strade del pop-rap, sembrano poter dare voce al conscious rap ed è con questo questo codice che ci si aspetta un loro progetto a quattro mani. Se ne era parlato già nel 2016 quando avevano annunciato di voler pubblicare un disco intitolato “Bomber”, inciso a Cuba. Rocco e Clementino dai “fratm” pronunciati agli esordi, e forse a tratti ancora acerbi, ora appaiono due fratelli davvero. Uniti nel dar voce alla fetta della scena campana lontana dal gangsta rap e dalle forti incursioni d’oltreoceano. Il brano di “Black Pulcinella” in cui scrivono che prenderebbero un volo e andrebbero lontano, a uno sguardo attento sembra l’intro di un album a due. Una vera partenza, in cui si muove dalla consapevolezza dei limiti territoriali e concettuali, per arrivare alla presa di coscienza dei propri strumenti, e per esplorare nuovi territori musicali. Il brano, con la strumentale di Nazo, con la chitarra da respiro alla base e fa risuonare la parte della scena napoletana che non trappa. Così, se come rappano in “Emirates”, l’ultima traccia realizzata in collaborazione, “l’acqua è diventata champagne” forse c’è da aspettarsi che il loro sia un brindisi, ancora velato, a un percorso, insieme, che verrà.Vorreste un joint album tra i due?
Articolo a cura di Daniela De Pisapia!