Ciao Michele benvenuto e grazie per il tempo che ci dedicherai. Partiamo con la domanda standard, come stai?
“Bene, è un periodo bello caotico, una sorta di frullatore, ma nonostante il pochissimo tempo libero me lo godo al 100% soprattutto dopo gli ultimi anni di stop forzato. È un po’ come vivere 3 anni in 1, tipo quelle scuole di recupero”
Sei stato nominato all’oscar dell’inclusione, i Diversity media awards 2022, una nomination importante che riconosce il tuo lavoro e quello della tua squadra. Cosa ha significato per te?
È stato quasi commovente, perché ha rappresentato per noi una sorta di medaglia simbolica, ci ha confermato che là fuori c’è gente che si accorge di quello che facciamo, della sensibilità che applichiamo ai contenuti che trattiamo e agli ospiti. Ha significato soprattutto che Say Waaad è un programma che si ascolta ma anche dentro il quale si impara “ad ascoltare”, storie vere e autentiche, senza spettacolarizzare titoli o statistiche, ma mettendo al centro della conversazione: la gente vera”
Da poco hai terminato un tour universitario in cui hai avuto modo di parlare e confrontarti con giovani provenienti da tutta Italia, sei ormai un punto di riferimento per chi vuole intraprendere la carriera radiofonica ma tu come hai iniziato?
“Grazie per il “punto di riferimento”. Ho iniziato da bambino in Puglia, nella mia città che è Altamura. Un giorno con un mio storico amico scopriamo all’interno di un palazzo antico una radio, non sapevamo nemmeno cosa fosse. Vediamo questo signore che parlava davanti ad un microfono in uno studio insonorizzato, con voce molto impostata, conduceva una sorta di classifica. Fui colpito immediatamente da quella magia. Da quel giorno non ho mai smesso di fare radio”
La voce in radio deve riuscire a travolgere, mantenere vivo l’interesse del pubblico, stimolarlo, convincerlo a restare. Allora ti chiedo, come si fa? Basta avere le notizie giuste o bisogna trovare il modo di saperle comunicare in modo giusto?
“Non conosco il modo giusto, ma capisco sempre di più che non siamo solo gente che racconta notizie, ma, nei casi belli & positivi, le vestiamo quelle notizie. Avere lo stesso profumo del racconto che fai credo sia un buon punto di partenza per profumare l’ambiente”
Ci sveli qualche trucco del mestiere, o meglio, cosa non deve mancare ad uno speaker secondo te?
“Non devono mancare i “punti vita”, cioè l’esperienza, il background, un costante allenamento alla vita, un quotidiano refresh culturale, il knowledge. Non so dirti se questo sia un trucco per fare radio, ma sicuramente: “vivere tanto” è un potenziale trucco per “vivere meglio”.
Speaker, dj, scrittore e giornalista: cosa accomuna e cosa differenzia dal tuo punto di vista radio e magazine?
“Sono modi di comunicare molto diversi, dal mio punto di vista tutti molto affascinanti. La voce e la parola. Quando scrivo spesso rileggo a voce alta, mi immagino il racconto. La scrittura poi ha una melodia silenziosa e alla fine anche la radio a pensarci bene ha una sua trasparente calligrafia”
Il panorama musicale attuale, italiano e internazionale presenta tanti artisti. Secondo te quali sono le tre caratteristiche necessarie per restare in gioco a lungo andare?
“Le variabili aumentano quotidianamente, un aspetto che non si può più sottovalutare è la “casualità”, che poi molti chiamano “fortuna”. In uno scenario guidato dagli algoritmi la qualità della musica e dell’immagine spesso vengono minacciate, o esaltate, dal tempismo e dal fattore C. Quindi le 3 caratteristiche necessarie: credibilità della musica, coerenza dell’immagine e tanto culo”
Musica italiana e americana, quali sono le differenze sostanziali attualmente?
“Quelle di sempre, con la differenza che oggi certa musica che parte dall’Italia riesce a conquistare fette di mercato europeo e americano, staccandosi dal clichè della “musica italiana” di un tempo, cioè pizza, pasta, mafia. Dai Maneskin a Sfera Ebbasta: nel mondo oggi il suono made in Italy ha una rilevanza contemporanea e non anti-storica”
C’è un artista che non hai ancora avuto modo di intervistare ma che sogni di intervistare?
Michael Jackson.
La radio ai tempi dei social network, quali sono le potenzialità e le insidie che si possono incontrare?
“Sinceramente vedo solo potenzialità, la radio è uno strumento antico ma che ha dimostrato di essere molto liquida, si adegua al periodo storico, cambia forma ma resta fedele alla sua magia. I social sono delle piattaforme tecnologiche che ogni tot anni implodono, la radio esiste e resiste da oltre 100 anni”
Non solo musica, il tuo programma fa spazio ad ogni tipo di arte e racconta con cognizione di causa ogni sfaccettatura della parola. Ti rispecchia questa cosa, sei una persona curiosa?
“Cerco di coltivare il più possibile nel terreno della curiosità, nonostante le distrazioni e i tanti impegni, che poi sono l’unico ostacolo o, a vederla bene, sono il posto in cui poi si applica la curiosità che altrimenti resterebbe solo una nuvola che non si può toccare”
Quali sono le soddisfazioni maggiori che spento il microfono ti porti a casa?
“So dirti quelle che spero di portarmi a casa, e cioè per esempio: lasciare il segno del mio passaggio in ogni cosa che faccio. Non lo faccio per passare inosservato”
Futuro, ci sono dei progetti in ballo che ti va di svelare in anteprima?
“Seguo la wave, potrebbero esserci tanti progetti in ballo ma non so tesserarli. Non so nemmeno fare come fanno in molti e cioè che annunciano dei grandi “presto news” che poi non arrivano mai queste news, ma vabbè”
Grazie ancora per il tempo dedicato, complimenti per quanto fatto a te e alla tua squadra. Ti saluto e ti invito a salutare a tua volta a chi vuoi
“Grazie a voi e buon divertimento sempre”
INTERVISTA A CURA DI ROSANNA BUONAURO