Benvenuta Caffellatte, ti ringraziamo di essere qui con noi e per iniziare a riscaldarci un po, direi di iniziare l’intervista con una domanda un pò standard che ti avranno fatto molte volte, ti chiedo di raccontarci come nasce il tuo nome, però con un piccolo giochino, dovrai ripetere la parola caffelatte quattro volte all’interno della tua risposta.
Allora il nome Caffellatte, nasce dal fatto che mi piace molto il caffellatte, e l’ho usato anche come nick su Instagram e ti racconto, in quel periodo a Bari, era circa il 2012, le persone ti chiamavano tutte con il nome che utilizzavi su Instagram, quindi tutti mi chiamavano Caffellatte, tant’è che poi quando iniziai a scrivere le mie canzoni e a trovarmi dal pubblicarle nel 2019, comunque parecchio tempo dopo, ormai il mio nome era Caffellatte a prescindere quindi era l’unica cosa che potevo utilizzare come nome d’arte.
Un caffellatte che parte da fin quand’eri “bambina”, quindi diciamo che tutto si ricollega al titolo della canzone, e ti chiedo se questo brano è nato, come il tuo nome che ti è un po arrivato addosso dal nulla, o se invece, c’è stato uno studio dietro e diciamo ne avvertivi il bisogno necessario di far uscire un brano di quella tipologia.
Allora, quando ho fatto questa sezione di studio con Bias che ha prodotto il brano, io con Bias non ci avevo mai lavorato, e pochi giorni prima ero a Roma e avevo iniziato a scrivere sul letto di camera mia, questo testo che non aveva musica, era più un flusso di parole che non aveva un filo, un momento che mi ero presa per me quella sera. Quando sono andata in studio da Bias, lui mi ha fatto sentire i primi accordi del brano dicendo “io mi sento di fare questa cosa (in riferimento agli accordi) e ti chiedo se tu ti senti in linea con essa”, ed era perfetta per quello che avevo scritto qualche sera prima; io e lui effettivamente ci siamo allineati seduta stante, quasi in maniera spirituale, spiritualità che avverto anche in quel brano, Con Bias, ho potuto fare un qualcosa che non invade il mio testo e in cui io non invado la sua musica, ma entrambi, testo e musica si accompagnano a vicenda. Quindi sì, è nata in maniera molto spontanea in circa 2-3 ore.
Hai parlato di questo allineamento degli astri, avvenuto tra te e Bias, mentre nel brano stesso racconti di una disparità di attenzione, tra le “madri attente e i padri codardi”, e subito dopo ci dici “ho smesso di soffrirci, ho smesso di pensarci”. Nella vita di tutti i giorni ad oggi, c’è qualcosa a cui non pensi perché pensando a quella cosa lì, continueresti a soffrire?
Un sacco di cose! Io vado in overthinking con niente, è questa cosa mi ha portato ad avere i miei modi per chiudere un attimo le valvole di sfogo del mio cervello, che stanno lì a riflettere su ogni cosa, questo mi porta anche a stare male perché quando pensi troppo inevitabilmente stai male, una maniera per non pensarci che adotto, ad esempio quando mi metto a letto la sera, sento la necessità di guardare qualcosa di molto leggero, tipo in TV su Netflix o anche su Instagram su Tik Tok, per liberare la mente, anche se in generale, ci sono tanti piccoli modi che ho di esorcizzare le cose che mi fanno stare male, anche parlare con qualcuno, di qualcosa che mi fa stare male, data la mia autoironia quell’azione mi aiuta tanto anche a esorcizzare. Questa è sicuramente la maniera più concreta e più utile che ho, per affrontare le cose che mi fanno stare male, parlarne in maniera leggera però.
O guardando qualcosa di leggero…
Altre volte però guardi “il soffitto aspettando qualcosa, aspettando te”, chi o cosa stai aspettando? e poi in realtà volevo sapere se la frase era riferita a un’attesa, che si riferisce a un tempo vicino, nel breve termine o negli ultimi anni, o se è un qualcosa che stai aspettando da tanto tempo quindi fin da quando eri bambina.
Entrambe le cose perché il brano è scritto per mia mamma, cioè parlo molto a lei in quella canzone, ti faccio un esempio, è come il ricordo di quando sei piccolo, in cui hai i genitori che lavorano tutto il giorno e tu stai sul letto, e vivi pienamente l’attesa che precede il ritorno a casa dei tuoi genitori, quella è la sensazione che ho voluto ricreare nella mia testa quella e, un’altra, che si lega al discorso spirituale precedente, che non vuole intendersi come una ricerca di Dio, ma come la ricerca di una spiritualità in senso più ampio, slegato dalla religione, una sorta di fede che ti dà come una sicurezza nella vita, non contaminata, una cosa che ho visto negli occhi di poche persone, che quando ce l’hai, diciamo che, ti salva molto la vita
Quella ricerca, quasi del proprio super-io se proprio vogliamo metterla in una chiave più filosofica, che poi qualcuno magari può ritrovare anche nelle forme d’arte, e in un certo senso attraverso le tue sfaccettature, visto che sei un po’ attrice, cantante e scrittrice sicuramente questa poliedricità ha aiutato in questa ricerca. Mi sto chiedendo però, in relazione a questa tua poliedricità se al giorno d’oggi, che il mondo richiede perlopiù una specializzazione settoriale, cioè il fare una cosa e farla bene, ti chiedo se, essere così poliedrici non comporti anche qualche rischio nel lungo termine.
È un rischio perché ancora in Italia non c’è un’apertura mentale a riguardo, nel senso che all’estero è più normalizzata come cosa, ti faccio due tempi: Jennifer Lopez e Justin Timberlake. Ma te ne posso fare tanti altri di esempi di personalità che fanno più di una cosa, la sanno fare e, certamente, una cosa non esclude l’altra. Molto spesso le cose sono comunicati, l’arte, la parola arte è vuota, ma stiamo parlando banalmente di mezzi di comunicazione cioè la musica, come il cinema, come la scrittura, quindi come scrivere un libro o un romanzo, fungono da mezzi di comunicazione, cioè servono a connetterti con gli altri. Quindi finché io riesco a connettermi con te, scrivendo un libro o scrivendo una canzone che ti arriva, nel momento in cui ti arriva, se ti arriva, è una cosa che mi fa stare bene. Il mezzo che io ho scelto è la musica, ho fatto questa scelta un po’ di anni fa, al “bivio”, ho scelto di far musica e scrivere canzoni; però questo non esclude che, se un domani mi chiamano per fare, pure una piccola parte, in un film, dirò sempre e comunque di sì, perché è soprattutto un modo di mettersi alla prova.
Bene adesso vorrei chiederti, andando a prendere in riferimento il mood generale del brano così come la lirica, danno questo senso di non appartenenza a una casa; quindi vorrei chiederti se c’è un posto in cui riesci a sentirti a casa. E, riprendendo la risposta precedente, vorrei sapere tra musica, film e scrittura, artisticamente dove ti sentiresti più a casa.
Allora l’ultima domanda è molto facile, mi troverei pienamente a casa nella parte autoriale della musica cioè nello scrivere canzoni, pur non necessariamente cantandole, cantarle è il mezzo per raccontare delle cose, però scrivere è la dimensione in cui sono in studio col produttore e stiamo lì a scrivere il pezzo e, quello è casa. Invece alla prima domanda ti rispondo che ci hai preso in pieno perché io ce l’ho un po’ questa cosa che non mi sento a casa mai, ma perché cambio città da quando avevo 19 anni di continuo: ho vissuto a Bari, poi Lecce quando ero piccola, Calabria quando andavo da mio padre, poi Palestrina, poi Roma e adesso Milano ho cambiato diverse città, diversi contesti, e diversi luoghi. Mi sono sentita a casa un po’ ovunque ma proprio per questo motivo, forse non mi sono mai sentita a casa da nessuna parte. Continuo la mia ricerca però del “posto” che puoi chiamare casa, che in questo senso per me è un posto dove fai quello che ami fare e ti permettono di farlo, e dove quello che ti circonda ti fa stare bene.
Il 16 Dicembre al live di Alessandra Amoroso, casa o non casa che sia, presenterai live per la prima volta il brano “bambina”, ti chiedo cosa dovrà aspettarsi chi verrà ad ascoltarti, e se avverti un po’ di ansietta.
No ansietta no, ti dico che sono solo molto molto felice. Poi nel momento in cui decidi di fare questo lavoro se c’hai l’ansia del palco diventa un problema. Io me la vivo bene perché banalmente mi piacciono le persone, quindi, più gente vedo sotto al palco più sono felice; ti faccio un esempio il primo maggio io non ho mai avvertito tanta tranquillità dentro me, come in quel momento, è avevo davanti un fiume di gente. Ringrazio Spotify e Alessandra per questa occasione di farmi conoscere anche a chi non mi conosce e siccome. E secondo me sarà una gran figata perché c’è uno spirito bello, diciamo nel back, di questo progetto tra Spotify e Ale, spirito che è voluto è sentito, e che una volta sul palco mi farà sentire sicuramente a casa, ritornando alla famosa casa.
Abbiamo parlato di casa c’è stato un periodo in cui la casa è stata obbligata, in quel momento lì invece, quanto è stata dura artisticamente, hai avuto un momento nel quale hai fatto fatica? E dopo che le cose sono tornate alla normalità, se anche tu sei tornata alla tua normalità o se c’è stato un momento di difficoltà.
Allora io ero a Roma, ho passato primo il lockdown lì, e al tempo ero fidanzata con questa persona con cui convivevo e che è stata molto importante per me, e ti devo dire che quei tre mesi di lockdown, il primo down quello serio, non l’ho sofferto molto, perché stavo bene. Non era un periodo in cui avevo in programma date, penso che sia stata molto più dura per chi aveva un album e un tour in uscita, io ero molto tranquilla, non avevo vincoli discografici poi, sono uscita anche con un pezzo in quel periodo che è andato anche bene, pezzo a cui tengo particolarmente, quindi ti dico io non l’ho vissuta male, ho vissuto male la ripresa, è stata molto più dura tornare alla vita e staccarmi da quella dimensione di nido e di protezione che c’eravamo costruiti attorno. Poi però alla fine in qualche settimana mentalmente ho fatto recap di tutto e ho ricominciato a fare tutto con tranquillità.
Siamo arrivati alla fine di questo viaggio e quindi ti chiedo di fare un saluto a chi vuoi tu, però per farlo in maniera un po’ più divertente, dovrai dire esattamente il contrario di quello che pensi.
È stato veramente brutto fare quest’intervista ti dirò, anzi per i prossimi singoli non rifacciamola tra l’altro mi hai fatto le domande noiose e totalmente scontate un po’ anche vuote e senza senso, sei antipatico. Quindi bene a mai più e non mandiamo un saluto a i lettori di Exclusive e non salutiamo Bias che ha prodotto il brano perché fa schifo (<3).
Intervista a cura di JdOnTheBeat e Ermes Bellina!