Ciao Mille, benvenuta su Exclusive Magazine. Ti ringraziamo per il tempo che ci dedichi. Mi ha colpito subito la tua carriera perché da subito hai ottenuto tantissimi traguardi senza l’aiuto dei talent show come Amici, X Factor. Qual è il tuo segreto?
Nessun segreto, al massimo posso dire che mangio un sacco di pasta carbonara che mi rende molto felice in generale e mi dà una grande forza per affrontare tutte le necessitudini di un musicista. Io mi sento personalmente di stare nella fase iniziale del mio percorso. Poi ci sono state tante cose belle che ho ricevuto che mi hanno permesso di andare avanti perché molti premi mi hanno permesso di fare concerti e di farmi conoscere. Sono stati utili per poter fare quello che vorrei fare per tutta la vita. Non mi sento di dire che ho qualche segreto, qualche tecnica precisa perché alla fine fare musica non è una scienza esatta. Però posso dire che tutto quello che faccio è spinto da un motore che mi fa svegliare la mattina e mi rende felice di fare quello che sto facendo.
Uno stile che si sente nella tua musica, spunto di felicità, di serenità anche nel disco si respira quest’atmosfera. Un approccio che arriva in un momento difficile dove siamo reduci da una pandemia, c’è una guerra in corso… ben venga musica come la tua.
Ci sono due facce della medaglia che mi accompagnano in tutto quello che faccio, che fanno parte della mia personalità. Tutte le cose molto negative che posso vivere le vado sempre a sdrammatizzare con una punta di ironia, di sfacciataggine che mi permettono di non buttarmi dalla finestra. Questo dualismo tra storie anche tristi, malinconiche ma condite con una sana dose non dico di ottimismo perché non è che sono di natura ottimista però affronto le cose di petto, con una sorta di faccia tosta che mi permette di andare avanti. Mi piace musicalmente parlando ballare, avere anche arrangiamenti da portare sul palco per avere un’atmosfera divertente e divertita. Questo dualismo è un filo conduttore sia della mia persona che delle cose che scrivo.
Ho visto che non sei solo musicista ma ti occupi anche delle tue copertine che le disegni tu. Quando lavori ad una canzone inizi partendo dal testo o immagini già nella tua mente la copertina che accompagnerà il brano?
Vivendo la musica come un contenitore, l’opportunità di avere una grande valigia dove mettere dentro le cose che mi piacciono, quando vado a scrivere un pezzo e molto spesso a me capita di non avere prima la fase del testo e poi la musica ma molto spesso viene insieme perché mi viene in mente un concetto e lo metto in musica. è come se fosse una sorta di esigenza che poi esce fuori. Quella fase lì il contesto è sempre condito da alcune immagini e quindi viene in mente non solo la canzone come melodia e testo ma anche il grande contenitore che quella canzone può offrire. Mi viene in mente dei movimenti di colori, delle immagini poi ovviamente faccio opera di scioglimento per poter scegliere la copertina, il videoclip che accompagna la canzone. Me la vivo sempre in una maniera un po’ a 360 gradi perché la musica è talmente bella che non è solo parola e note.
Parlando di 360 gradi tu non ti sei focalizzata solamente sulla musica nella tua carriera, ma hai fatto anche del teatro.
Quello è stato un amore estivo. È durato due anni poi nel momento in cui si prospettava l’opportunità di fare delle tourneè c’era da scegliere: o andavo con la compagnia teatrale o con la band. Quando c’era una scelta da fare, ho preferito la musica. però è stata un’esperienza che mi ha insegnato tanto perché andare in scena ogni sera ti obbliga ad avere una disciplina tale che in ogni spettacolo tu devi dare il 100% indipendentemente da tutto. È stato una grande scuola.
Mi hai anticipato la domanda perché volevo sapere cosa ha portato quest’esperienza nel tuo approccio alla musica.
La disciplina sicuramente a livello anche banalmente corporeo e vocale, anche lì non cantavo durante lo spettacolo ma la cura della voce era fondamentale perché altrimenti lo spettacolo non può stare in piedi. Sicuramente sono tutti aspetti che poi mi sono ritrovata nel mio lavoro di musicista. La disciplina, la costanza, la cura del proprio corpo che nel caso del cantante è il proprio strumento è fondamentale. Poi io che sono una grandissima mangiona devo stare attenta, non posso sicuramente prima di un concerto mangiare tutto quello che mi può offrire, dal primo al secondo, dolce, contorno, amaro caffè. No mi limito a qualcosa di più leggero. Per me è un grandissimo sacrificio quello.
Parlando di cibo, un tuo concerto se fosse organizzato come un pranzo con antipasto, primo, secondo, come lo penseresti?
Sarebbe un pranzo con un antipasto mare monti. Poi dei cannelloni al ragù. Come secondo piatto pollo coi peperoni perché è una classica cosa romana, uno dei miei piatti preferiti. Un’ottima santa honorè come torta finale.
Come vino da associare?
Uno dei miei vini preferiti è il Cannanau di Sardegna oppure se fosse bianco Est Est che fanno vicino Roma.
Tornando alla musica, oltre al tuo progetto principale Mille c’è anche un progetto parallelo, Moseek, con cui hai suonato anche all’estero, focalizzato sulla musica elettronica. Lo stai portando avanti o lo hai messo da parte?
Esiste sempre perché siamo io e il batterista con cui suono dal vivo, che è anche il musicista con il quale scrivo le canzoni, faccio le produzioni. È il mio migliore amico, lui si chiama Umberto Primo in arte, il suo nome vero è Davide. Siamo un’entità e insieme ci sono i Moseek, l’ultima canzone che abbiamo pubblicato mi sembra risalga allo scorso anno. è in lingua inglese quel progetto. Diciamo che esiste perché noi due esistiamo ma non è la priorità in questo momento perché scrivere canzoni in italiano è diventato il mio universo preferito. Quella parte di mondo musicale che è Moseek riguarda un qualcosa di più anche astratto. Non so come spiegarlo, riguarda un momento in cui prevale anche l’aspetto estetico. Si super elettronica ma legato anche alla lingua, mentre con il mio progetto c’è un aspetto estetico che curo tantissimo e che mi piace curare. Realmente quando scrivo non è solamente scrivere una canzone, ma anche andare nel profondo di quello che vivo, che mi succede. È come se fosse il mio progetto in italiano il grande amore della mia vita e il progetto in inglese una bella avventura estiva che se ricapita ben venga.
Parlando del tuo progetto in italiano quest’anno hai pubblicato il tuo primo lavoro discografico, l’EP Quanti me ne dai. Qui affronti soprattutto il tabù del tempo, che passa. Tu che rapporto hai col tempo che sta passando?
Il concetto di giovinezza è molto astratto non proprio legato all’età anagrafica. Io ho 38 anni, 39 a giugno. L’esperienza che ho avuto è un’esperienza di vita più che musicale che mi ha permesso di maturare nell’affrontare il tempo che passa. Se magari a 20 anni potevo pensare che il tempo fugge via adesso io penso che il tempo che uno c’ha davanti ce l’ha a disposizione quindi mi piace più occuparmi del tempo più che preoccuparmi. Non mi sono mai fatta il problema di alcune tappe che uno deve affrontare nella vita, delle regole non scritte che impongono il peso del dover dire Non mi sono ancora sposato, non ho messo su famiglia, non ho quello che alcuni pensano uno debba avere ad una certa età. Mi piace pensare che tutto quello che faccio sia il frutto di non una regola non scritta ma di quello che io voglio fare realmente. Quindi anche questo progetto, io ho iniziato a scrivere in italiano per qualcuno tardi, per me presto per esempio. Perché sono sempre stata soddisfatta e appagata scrivendo in inglese, poi ho trovato una nuova normalità tre anni fa. Perché poi ho dato vita a questo progetto nel 2020 e quindi una nuova normalità l’ho raggiunta ad un’età che avevo quando ho iniziato. Mi piace pensare che ci sono arrivata grazie a tutte le esperienze che ho fatto. Grazie agli amori che ho avuto, alla famiglia che mi ha cresciuto, alle sofferenze che ho avuto e le gioie che ho ricevuto. Mi sento in griglia con quello che sono, mi sento bene forse perché ci sono arrivata a 38 anni, potevo morir prima quindi ogni volta che ci penso mi dico Menomale che ancora ci sto.
Nel tuo EP inizi il viaggio dentro la tua musica con una parola particolare, Addio, usata per superare le difficoltà della vita. Come mai hai deciso di iniziare il tuo EP proprio con questa parola?
Quando inizio a suonare sia un addio a tutto quello che sto facendo prima, come raggiungere un posto lontano e abbandonarne un altro. È sempre una nuova normalità quando salgo sul palco anche perché questa canzone inizio i concerti. Mi piace pensare sia un viaggio che faccio, una fuga nel senso che qualche volta allontanarsi da quello che non ci piace o ci fa stare male, andare su un’isola felice non sia un modo per scappare, ma per salvarsi. Quindi la musica molto spesso mi ha permesso di andare su un’isola felice. Mi piaceva pensare di salutare tutto il resto per approdare in una nuova cosa che mi fa stare bene. Quando dovevo fare la tracklist dell’EP ho pensato che quella canzone con quella prima parola fosse proprio la cosa giusta per aprire il mio primo disco.
Continuando ad ascoltare il tuo disco si sente sempre una grande allegria, leggerezza anche quando affronti temi più dolorosi, difficili dell’amore. Qual è il modo che tu hai scelto per affrontare tutto, anche questi momenti più difficili senza perdere la tua leggerezza?
Credo che l’ironia sia il mezzo attraverso il quale vado a togliere la pesantezza alle cose. È un modo che cerco di esprimere anche attraverso i suoni, il mood delle canzoni che scrivo. La parola mi aiuta ad enfatizzare questo mio modo, credo sia il mio metodo ironia come se fosse una sorta di binario su cui faccio viaggiare il treno delle canzoni.
Se dovessi scegliere una canzone all’interno dell’EP da usare come biglietto da visita da usare per attirare l’attenzione delle persone, quale sarebbe?
Dipende un po’ dai giorni. Molte canzoni rappresentano per me una fotografia di me stessa in determinati periodi. Sicuramente “Giovane distratta” è una delle canzoni che sicuramente sceglierei, perché l’ho scelta anche come canzone da portare sul palco del Primo Maggio. Pur non essendo stato un singolo, quello era “sbagliare, sbagliare” che concettualmente rappresenta in pieno i miei ultimi mesi di vita. Se dovessi scegliere una canzone che è tanto rappresentativa di quello che sto facendo adesso è “Giovane distratta”.
Hai citato il concerto del Primo maggio dove avevi partecipato prima come vincitrice del concorso 1mNext, poi quest’anno sei tornata nella line up principale. Oltre a questo hai raccolto diversi traguardi nella tua carriera, di quale ne vai più fiera?
Sembrerà paradossale ma la prima volta che ho suonato voce e chitarra davanti ai miei vicini di casa. Eravamo in pandemia, avevo pubblicato una canzone e non ero mai andata a suonare presentandomi come Mille perché non c’era nemmeno modo per andare in giro a suonare. Il 2 maggio 2020 mi è capitato di uscire sul balcone e di fare questo concerto per i miei vicini di casa. quello probabilmente è stato il traguardo più grande perché ho fatto una cosa che non avevo mai fatto, suonare sola con un progetto inedito anche per me perché nessuno mai mi aveva ancora chiamato Mille. Stavamo ancora tutti dentro casa e io ho iniziato questa cosa a casa. ho avuto la loro attenzione, i loro applausi, la loro curiosità riguardo canzoni che non avevano mai ascoltato prima. Io avevo pubblicato una canzone ma le altre che avevo scritto le avevo suonate solamente all’interno delle quattro mura di casa mia. Quel momento lì è stato super emozionante per me perché era completamente tutto nuovo. Aver agganciato queste persone che comunque non mi conoscevano perché non ci conoscevamo ma poi siamo diventati grandi amici. Però non c’eravamo mai visti perché io abito a Milano, tutta la gente del palazzo con 50 appartamenti io non li avevo incontrati nemmeno per caso, per le scale. Visto che c’era stato il concertone del primo maggio il giorno prima ma faceva freddo, il 2 maggio c’era il sole. Mi hanno tirato delle mollette sul balcone mi hanno detto Cantaci qualcosa perché mi vedevano cantare dalla finestra. In quel periodo non avevo le tende in camera quindi la gente mi vedeva che stavo al pianoforte a suonare. Quindi mi hanno chiesto rischiando di poter trovare qualcosa che non potesse essere di loro gradimento, a fare questo piccolo concerto. Questo è stato un piccolo traguardo che a livello personale mi ha colpito di più perché anche io dovevo ancora essere, riconoscere come Mille perché era tutto tutto nuovo.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Suonare tantissimo in giro questo mio EP. Ci sono tante date che stanno uscendo e mi stanno proponendo. L’obiettivo è arrivare ovunque a suonare queste canzoni. Anche perché la dimensione live del concerto è quella che amo di più.
Chiudiamo con un saluto ai lettori di Exclusive Magazine.
Un carissimo saluto ai lettori di Exclusive Magazine. Io sono Mille, un abbraccio.
Intervista a cura di Martina Ortis!