– Ciao ragazzi, prima di iniziare vorrei chiedervi: come state?
Danno: “Sto come sto, mi basta poco sotto il mento, non cambio zona…” ah ah, oggi vado di citazioni…
Masito: Direi bene, grazie!
– Cosa si prova ad essere, come siete voi, storia vivente del rap?
D: Resto convinto che il rap, inteso proprio come rap e non come “altro”, in questo paese interessi ancora a poca gente quindi non so…ti sparo subito un’altra citazione che spiega bene come ci si sente… “ancora in piedi dopo un tot di stress”
M: Non mi sento così speciale quasi mai, per alcuni minuti durante i live a volte.
– Secondo voi, quanto avete influenzato questo gioco?
D: A modo nostro penso che abbiamo dato un esempio, soprattutto a Roma nei primi anni novanta. Eravamo i ragazzini in fissa per l’hip hop quando nessuno si filava questa cultura, facevamo il rap per il gusto di farlo, facevamo le nostre guerre per affermarci nella scena, era importante per noi e crescendo abbiamo visto arrivare altri ragazzini con la stessa scimmia della doppia H…qualcuno è stato influenzato sicuramente da noi, ma attenzione…c’è un filo che ci lega tutti, noi a nostra volta stati influenzati da quelli arrivati dopo…è a doppio taglio la storia…
M: Secondo me in certi anni abbiamo fatto da apripista per una parte “hardcore” della scena italiana e molti hanno seguito in parte la nostra strada ma qui le cose cambiano velocemente e nel rap italiano l’ultimo arrivato detta la linea da seguire. Vedo nello stile di oggi pochissime tracce di quello che noi siamo e siamo stati…margari qualcosa di nostro c’è ancora nelle metriche e nell’attitudine ma spesso inconsapevolmente.
– Avete una creazione di cui siete orgogliosi? avete mai paura di “passare di moda”?
D: L’ultimo album, “Adversus”, è il disco più personale del Colle ed è quello di cui sono più orgoglioso. Non ho paura di passare di moda perché non siamo mai stati di moda. La moda è una cosa passeggera. Per noi è sempre stata… “questione di stile”.
M: La moda non mi è mai interessata e credo che come Colle siamo sempre stati un’alternativa ai gruppi del momento…diversi da tutto quello che il mercato propone e questo mi è sempre piaciuto. Personalmente sono molto fiero di “Adversus” e in particolare di aver scritto “Polvere”; in un momento in cui nel rap si stra-esalta se stessi e il successo parlare delle sconfitte non è da tutti anche se poi (come spesso succede dopo i nostri dischi) molti ispirati da noi hanno raccontato certe cose nelle canzoni…e anche questo fa piacere.
– Se uno pensa a Roma, da un punto di vista musicale, non può non pensare a voi. Quanto rappresentate la vostra città?
D: Sicuramente fra le nostre ispirazioni ci trovi Gabriella Ferri, De Gregori, Rino Gateano, Califano e altri musicisti romani, puoi metterci Daniele Silvestri, i Tiromancino e anche Alvaro Amici e i Santarita Sakkascia. Roma con tutto il suo bagaglio musicale ce la portiamo dentro e c’è un pezzo della nostra città in ogni nostra rima. Ma Roma è un mostro gigantesco in continua mutazione, è lei che plasma te…
M: Roma è dentro di noi che lo vogliamo o meno e nel bene e nel male anche se io e Danno non siamo i tipici romani abbiamo sempre cercato di rappresentare la nostra città. L’affetto che viene da Roma è sempre stato “benzina” per affrontare ogni nuova sfida e credo che anche chi va via da Roma se ne porta dietro sempre una parte.
– Il vostro nuovo tour è partito da Amsterdam, come mai questa scelta? Ha un significato in particolare?
D: È una città a cui siamo legati, abbiamo tanti amici che vivono lì ed è sempre una sensazione particolare suonare all’estero.
M: Sono legato ad Amsterdam dai primi ’90 grazie al writing; writer come Kraze che vive tra Roma e Amsterdam sono pionieri della scena e hanno indicato la giusta via a noi ragazzini che volevamo dipingere ovunque, anche il nostro slang (Rome Zoo) e lo stile di abbigliamento viene in parte da loro e negli anni hanno contaminato quasi tutti i writers di Roma. Siamo partiti da Amsterdam perché è una città che amiamo.
– Riportando un pezzo di un articolo di un mio collega giornalista: “trent’anni di musica e parole che abbracciano le generazioni dell’old school, come pure le nuove leve”. Voi siete il passato, il presente ed il futuro, provate un senso di responsabilità? Cosa provate?
D: Quello che provo dopo tutti questi anni si può sintetizzare con “eppure sono qui”.
M: La parola “responsabilità” l’ho imparata presto e sono sempre stato attento già dai primi Anni ‘90 a non scrivere stronzate, ho capito presto che le persone passano ma la musica rimane; anche da giovane volevo lasciare il segno e per capire come fare guardavo con attenzione a quelli che erano i miei gruppi preferiti, non ascoltavo solo la musica ma anche le scelte artistiche che facevano perché il mercato ti lusinga ed è facile cedere ma dopo un po’ capisci che i soldi contano meno della dignità.
– Piccola anteprima per i fans: canzoni che più vi piacciono suonare nei live?
D: “Pioggia” sempre è una delle mie preferite da fare dal vivo, ma quest’estate gireremo con i Dumbo Station, quattro musicisti incredibili, e suoneremo i pezzi del Colle con loro…avranno una nuova veste e sarà una bellissima sfida per tutti noi.
M: Personalmente mi diverto sul palco a fare “Ghetto Chic”, “Sergio Leone” e del nuovo disco “Eppure sono qui” e “Nulla virtus”.
– Da trent’anni che siete in questa scena, prima avreste mai immaginato questo? Cosa vi ha spinto ad arrivare a tutto questo?
D: Quando abbiamo cominciato tanti anni fa ci dicevano che il rap non era un genere e che sarebbe morto in poco tempo. Forse nessuno si immaginava che la storia sarebbe arrivata fino ad oggi. Cosa ci ha spinto… forse il fatto che abbiamo sempre amato la musica, fin da pischelli. Il momento in cui abbiamo capito che potevamo farla anche noi è stato il momento in cui abbiamo deciso che non saremmo più tornati indietro.
M: Per quel che mi riguarda non c’è stata una grande premeditazione e le cose sono semplicemente successe. Fino al 1999 non credevo ancora che quella della musica fosse la mia strada e fino al 2012 oltre a suonare lavoravo…forse “tenere i piedi in due staffe” mi ha facilitato la scelta, che poi è venuta da se….boh.
– Pensate mai a cosa avreste fatto se non aveste fatto le scelte che avete fatto? Quanto è importante per voi la musica?
D: Sono musicopatico. La musica mi cambia l’umore, la prospettiva di vedere le cose e il modo di camminare. È la cosa che reputo più importante in tutta la mia vita.
M: Ci ho pensato parecchie volte e pure qui boh…quando a 14 anni ho ascoltato il primo pezzo rap (“Follow the leader” di Rakim) ho sentito un’energia fortissima, me lo ricordo ancora quel momento; è stata come una chiamata per me, ho sentito che io dovevo fare quella cosa in qualche modo, al di là di tutto e delle conseguenze…volevo essere io a trasmettere quell’energia a gli altri…il rap è così, ci si contamina.
– Vi ringrazio per la bellissima chiacchierata, vi chiedo di salutare chi volete voi. Daje!!!
D: Grazie a voi e un saluto speciale al mio amico ingrato che domani si sposa… (ultima citazione, la più difficile…).
M: Saluto simbolicamente le colonne di Roma senza i quali forse non ci sarebbe l’oggi: Krash Kid, Giaime MC, Mako MCM e mio fratello Primo.
Intervista a cura di Perseo Gatti!