Spesso nel passato, quando l’hip-hop era ancora una novità e sembrava destinato a durare solo pochi anni nel mercato musicale, si poneva la domanda: “Qual è l’età giusta per avvicinarsi al rap?” Si pensava che fosse musica esclusivamente per giovani, e chiunque sopra i 30 anni che ne fosse appassionato veniva talvolta denigrato, quasi in modo ridicolo.
Ma la risposta è semplice: non c’è un’età giusta per amare il rap. Questo genere, come altri, è intriso di una cultura storica, nonché di un immaginario che spesso viene semplificato in modi diversi. Per alcuni, è l’immagine del “bad boy”, per altri quella del criminale, e per molti era il cantante che faceva le corna con le mani e pronunciava parolacce.
Il rap, tuttavia, è molto di più. Ha origini nella protesta, nella voce per chi è emarginato e nella necessità di raccontare la realtà che l’artista vive. Ma spesso si modella politicamente e artisticamente, creando vari cliché.
È normale trovare linguaggio crudo e racconti di criminalità nei testi del rap, spesso basati sulla vita dei rapper stessi. Tuttavia, un bambino di 10 anni che si avvicina al genere senza strumenti può essere influenzato e aspirare a emulare ciò che sente, credendo che questo lo renda più forte, intelligente o affascinante agli occhi della società.
Ecco perché è importante avere gli strumenti giusti per comprendere il rap. Non significa filtrare o isolarsi dall’ascolto, ma piuttosto contestualizzare i testi e le atmosfere. Queste canzoni possono essere viste come racconti, che non devono essere emulati, o come prodotti artistici che trattano temi reali in modo artistico, come un film in cui i protagonisti si uccidono a vicenda o un romanzo in cui il protagonista è un gangster affascinante e temuto.
Per ascoltare il rap, non serve un’età. Servono solo gli strumenti giusti.
Articolo a cura di Samuele Meante!