Ciao Sicky, per iniziare ti chiedo subito se vuoi raccontarci come ti sei appassionato alla musica e come hai deciso che avresti fatto questo nella vita.
La passione per la musica è nata un po’ per caso, sono andato da un mio amico che aveva uno studio in casa e stava registrando un pezzo in quel momento e mi propose di provare a mettermi un po’ al microfono, così per cazzeggiare. Mi sono messo lì e mi disse che mi riusciva bene, poi a me è piaciuto subito un sacco e da lì basta ho iniziato. Ho passato un’estate a Jesolo con mio fratello che già scriveva e abbiamo iniziato a scrivere i testi insieme, da lì da cosa nasce cosa ed è diventata sempre più una cosa mia fino a diventare quello che volevo fare da grande.
Questo quanto tempo fa è successo?
Nel 2013
Un bel po’ di anni, insomma, invece stavo leggendo che tu sei di Jesolo.
Si ci ho vissuto per i primi anni della mia vita fino agli 11, poi mi sono trasferito in Svizzera.
Quanto ti hanno influenzato la musica e la cultura italiana nel tuo percorso?
Tantissimo, Jesolo è stata fondamentale per la mia crescita artistica musicale. Mi sono ispirato tantissimo alla cultura italiana, sono cresciuto con i Club Dogo e Marracash però ho ascoltato anche tanto cantautorato italiano, da piccolo mi piaceva un sacco Edoardo Bennato e poi tutti gli artisti maledetti mi hanno sempre preso.
Adesso che lavori nella musica, che rapporti hai con i tuoi colleghi?
Sono abbastanza sulle mie a dir la verità, ho contatti però con alcuni emergenti e poi ho lavorato con Laïoung qualche anno fa, però adesso sono abbastanza sulle mie non ho rapporti, anche se ovviamente mi piacerebbe, non lo escludo.
Invece in Svizzera sei inserito nell’ambiente musicale?
Meno. Ho lavorato con Chris Laway che è di Biasca quando ancora faceva musica, poi è passato a streammare su Twitch e adesso fa più roba da youtuber, però ai tempi lavoravamo insieme musicalmente.
Che spazio vorresti avere nel mercato musicale oppure, per dirla diversamente, a che pubblico vuoi parlare?
Sicuramente per quello che faccio io il mio target sono i ragazzi dai 10 ai 15 anni fino a massimo 20/25. Per i messaggi che voglio mandare i ragazzini sono un bel target.
Quindi questa cosa ha influito anche sul fatto di usare delle sonorità un po’ più leggere per veicolare nei testi temi importanti.
Assolutamente sì. Sono tematiche che sono già state affrontate da tantissimi altri artisti però volevo cambiare il modo di comunicare. Ultimamente sono tutti molto crudi, molto diretti, molto “cattivi”, io volevo distaccarmi da questo filone e comunicare in modo più leggero, più tranquillo, più dolce diciamo.
Hai ricominciato a pubblicare la tua musica più assiduamente da quest’anno, a cosa è dovuta questa pausa?
Non era il momento, non riuscivo a dare la giusta importanza alla roba che buttavo fuori, avevo questi brani a cui tenevo tanto perché secondo me avevano del potenziale, così ho voluto aspettare il momento ideale, poi quando è arrivato Roberto Ferrari ho capito che era quello giusto. “Atlantide” è stata scritta un anno e mezzo fa circa.
In “Atlantide” hai usato diverse immagini per descrivere questo abisso a cui ti riferisci, attingendo a vari elementi della natura, però l’immagine che spicca è chiaramente quella dell’acqua, pensi che il paesaggio di Jesolo ti abbai influenzato?
Beh, il mare è importante, ha sempre stimolato un po’ i miei testi.
E cos’è l’abisso?
L’abisso è stata la sofferenza, i problemi che ho dovuto superare, i momenti di abbandono in cui mi sono trovato solo senza nessuno a fianco e mi son trovato a dover rimboccare le maniche per andare avanti.
Nella canzone dici, “Dio è disoccupato mo’ che la regina è morta”, che intendi?
Lì sono legato alla frase “God save the Queen” e sta un po’ a significare il fatto che molto astrattamente Dio c’è per chi le possibilità ce le ha, chi non ce le ha avute è dimenticato da Dio. È facile dire grazie a Dio quando le possibilità le hai avute invece chi non ne ha avute un Dio non ce l’ha.
Come si è sviluppato il processo creativo nell’ultimo periodo, è cambiato nel tempo?
Assolutamente sì, per me la scrittura è cambiata tantissimo rispetto anche solamente al 2020 ma anche a livello di genere di testi, sono proprio cambiate le tematiche. Ho smesso di scrivere tanto per fare il figo e ho iniziato a scrivere per la necessità di buttare fuori i sentimenti e le emozioni.
Tecnicamente, usi sempre lo stesso metodo?
Io sono uno che scrive molto di impulso, quindi sotto quel punto di vista non è cambiato molto, di solito quando mi metto a scrivere in un’oretta chiudo il pezzo oppure finisce che lo lascio a metà, me lo dimentico e magari ne scrivo un altro. Uso le note del telefono, penso di avere più memoria nel telefono occupata per le note che per tutto il resto. È una delle cose positive della tecnologia, una volta c’era il quaderno però non ce l’hai sempre con te e qualcosa si perde.
Per concludere, ci vuoi dire se hai qualcosa in cantiere?
Ho tanti singoli da buttare fuori già pronti, almeno 5/6 singoli e in più quest’estate vorrei iniziare a scrivere l’album.
Allora speriamo di ascoltarti presto e di incontrarci ai tuoi live!
Intervista a cura di Giuditta Cignitti!