Ciao Gio Evan come stai? Ti ringraziamo già da ora per il tempo che ci dedicherai per rispondere alle nostre domande !
Ciao Jean Denis e ai ragazzi di Exclusive Magazine, sto molto bene ed è un bel momento di vita che va oltre le mie aspettative. Grazie a voi.
Da poco é uscito “Ribellissimi” il tuo ultimo album cosa rappresenta l’uscita dello stesso per te?
In realtà l’intenzione dietro a “Ribellissimi” era di fare una sorta di collezione di archetipi. Mi è tornato in mente il ricordo dei miei amici che da ragazzini facevano tutte le collezioni di figurine di calciatori e se le scambiavano ed io, che non avevo la passione per il calcio, non potevo condividere con loro quel focus. Ho deciso quindi di creare la mia collezione personale di idoli, ho cercato le foto dei miei artisti preferiti su google immagini, le ho stampate, tradotte in musica e fatto l’album di quelli che ritenevo essere per me dei veri e propri maestri. Questa cosa fa ridere, ma in realtà è proprio ciò che mi ha portato a realizzare il disco “Ribellissimi” ovvero una raccolta di quelle persone che per me sono dei goleador di arte e spirito, ho creato il mio personalissimo album di figurine invisibili.
Nell’album troviamo sia musica e poesia che portano gli ascoltatori a 53 minuti di ascolti: in un mondo della musica che viaggia veloce e il tempo dell’attenzione che si è almeno dimezzato quasi un’ora di ascolto può essere considerato un azzardo!
Assolutamente sì, è sicuramente un azzardo. Anche se io sinceramente non credo minimamente nell’idea del tempo e sono io stesso un fruitore di grandi contenuti, dai podcast più improbabili agli audiolibri che contano 19 ore di lettura. Io sono abituato così e mi piace molto potermi dedicare degli spazi ampi in cui semplicemente ascoltare, non creare ma lasciarmi trasportare dalle parole di altri. Questo capita spesso ad esempio mentre mi dedico alle faccende di casa… Mi piacerebbe che anche i miei ascoltatori potessero essere consapevoli, anche solo mentre lavano i piatti!
In “rompersi” ci dici “perché se deve rompersi e si rompe vuol dire che era fragile ma se deve rompersi e non lo permetti significa che sei debole”: c’è stato un episodio nella tua vita nel quale non hai permesso a qualcosa di rompersi?
In realtà no, ad un certo punto della vita ho sempre lasciato in qualche modo che ci fosse una rottura, soprattutto per quanto riguarda relazioni passate che di fatto probabilmente erano già rotte da tempo. Spesso cerchiamo di tenere attaccati due lembi e facciamo finta di non vedere lo squarcio, poi però lasciamo la presa, scopriamo che non sono più legati ma eravamo noi a forzarli. Se accogliamo il fatto che le relazioni, sia d’amore che di amicizia, così come le convinzioni e a volte le idee mutino, si trasformino, si rompano o addirittura muoiano, scopriamo che la fragilità ha senso di esistere.
L’esile fa parte della vita e la vera debolezza è non accettarlo.
“Realizzare” / “il tuo cuore non può accettare piani B” quale ad oggi il piano A del tuo cuore?
È la mia vita il piano A del mio cuore. Grazie a Dio non ho mai avuto piani B, non mi è mai servito averli perché ho sempre fatto quello che volevo, a volte con grandi risultati a volte con risultati più umili, ma sempre con una grande consapevolezza. In realtà per me è come se stessi vivendo un Piano A+, perché il mio piano originale avrebbe dovuto essere viaggiare per il mondo e non fare nulla di più, invece sto facendo qualcosa che va oltre le mie aspettative. È tutto talmente bello che a volte sono in imbarazzo, ho quasi la sindrome dell’impostore e mi chiedo “Ma perché io?”, poi mi rispondo giocando la carta della gratitudine consapevole del fatto di vivere forse una cosa ancora più bella del mio piano A.
Troviamo una sola collaborazione, quella con Roberto Cacciapaglia, come è stato lavorare con lui?
Lavorare con Roberto Cacciapaglia è stato mistico. L’ho conosciuto perché mi piace la musica strumentale dal tono quasi epico, diventa spesso per me una sorta di tappeto sonoro che mi dà la possibilità di accompagnare e far germogliare il pensiero. E Roberto è un grande tessitore – sempre a proposito di tappeti – che sa intessere le trame tanto della musica quanto dell’immaginazione. Ho avuto la possibilità di conoscerlo al mio festival Evanland a cui, sapendo fosse una persona dedita alla spiritualità e alla meditazione come me, l’ho invitato insieme ai suoi collaboratori. Quando poi gli ho proposto la possibilità di musicare “Graffi” lui ha accettato, ci siamo armonizzati ed è stato per me un grande onore.
Chi sono le/la tue “persona Medicina”?
Ho tantissime persone medicina nella mia vita e fare una lista di nomi sarebbe difficile, però si tratta tendenzialmente di amici ed amiche. Se si riesce ad avere un atteggiamento positivo alla vita si aprono delle porte, si creano spalanchi di vento ed energia che portano ad incontrare, anche solo di passaggio, persone positive, belle e che ti fanno stare bene.
Io sono così, sono sempre stato felice e ottimista di natura, anche andando in contro a fatiche e affrontando i miei silenzi, ma ho riscontrato con il tempo che questa mia allegria di fondo portava dei frutti.
Quando anche Gesù dice “Bussa e ti sarà aperto” non significa che devi aspettare inerte di fronte ad una porta aspettando che gli altri ti aprano, ma significa che, se offri tu delle possibilità alla vita e crei delle porte, queste prima o poi si aprono. Quando sei felice intorno a te si crea una sorta di bolla sacra, incontri persone che si allineano al tuo essere e la tua dedizione alla vita, il tuo amore e la tua sacralità ti vengono restituiti.
Tra non molto partirà il tuo nuovo tour, quale pensi che ci sia in questo album la canzone che meglio si sposa con una esibizione live?
Credo che il brano che meglio si sposi con un’esibizione live sia “Susy”. Ne sono convinto proprio perché l’ho scritta immaginando i teatri, il vermiglio dei sipari in velluto, da lì in poi ha preso forma tutto l’album (che non a caso ha anche la copertina rossa). Il trasporto ritmico quasi rituale della tarantella, evidente in questo brano, mi ricordava l’eleganza del teatro e della musica popolare che ho cercato di usare come collante per tutto il disco. In realtà però credo che tutte le canzoni si prestino ad un’esibizione a teatro e non ne squilibrino il temperamento.
Quando hai capito che essere artista sarebbe stato quello che avresti voluto essere?
La verità è che in qualche modo l’ho sempre sentito dentro. Non per presunzione, ma ho sempre saputo di essere un artista. Avevo tre o quattro anni quando mi sono reso conto che l’arte era una faccenda molto seria nella vita delle persone, nella storia, nella cultura, nell’intelligenza e nel percorso personale. Me ne sono innamorato e l’ho sempre trattata con rispetto. Una volta scoperto questo tesoro ci ho indirizzato le mie forze e ho continuato a camminare verso quella direzione, volevo sentirmi parte di quel mondo consapevole che la grandezza dell’arte è la possibilità di essere artisti senza dovere fare arte nel concreto: per essere un artista non devi fare arte, è un carisma, un’energia. Io ho percepito l’occasione nella mia vita di potere incarnare l’arte, da una parte perché ci sono cresciuto a stretto contatto grazie alla figura di mio zio, dall’altra perché essendo andato via di casa a quattordici anni forse in qualche modo non mi sono “sporcato” con l’educazione sociale. Quando sono andato a vivere in India poi in Sud America mi sono infangato abbastanza, mi hanno preso più volte a schiaffi l’ego, ma grazie a questo adesso posso definirmi artista senza troppa pesantezza.
Nei tuoi testi e nelle tue poesie spesso parli della natura e dei suoi agenti atmosferici. Noi umani ci meritiamo ancora tutta questa bellezza?
Sì, ce la meritiamo assolutamente nonostante tutto. Noi siamo bellezza, siamo nati per la bellezza e per rispettarla. La bellezza del mondo esiste per noi ed il fatto che adesso l’uomo non se ne curi, non faccia più “i compiti per le vacanze” sarà una questione da affrontare con il Preside: presto dovremo fare i conti con la disattenzione e la poca cura e la posta in gioco non sarà di certo il brutto voto ad un’interrogazione.
Per concludere questa nostra chiacchierata insieme ti invitiamo a salutare e ringraziare chi pensi che meriti un tuo pensiero. Grazie ancora per il tuo tempo.
Ringrazio voi per questa possibilità di scambio di pensieri e parole e ringrazio chi si prenderà il tempo della lentezza per leggere queste righe. Ci vediamo in tour! A prestissimo!
Intervista a cura di Jean Denis Marchiori!