Qual è stata la tua prima esperienza significativa con la musica rap e cosa ti ha attratto inizialmente di questo genere musicale?
La mia prima esperienza e il mio primo approccio con il genere rap e sicuramente dovuto a mio cugino che abita in Svizzera e che, quando veniva in Italia mi faceva scoprire artisti come Eminem, wiz Khalifa, snoop dog. Tutto ciò ovviamente ha fatto sì che la passione per questo genere crescesse. Un altro ricordo che ho è sicuramente è la Wwe in televisione. Ero super fan di John cena il quale aveva il suo stile molto hip hop. Ecco, quindi, che la cultura rap si faceva sempre più spazio nella mia vita.
- Come è stata la tua transizione dall’essere un appassionato di rap oltreoceano a essere influenzato dalla scena rap napoletana?
La transizione dal rap americano a quello napoletano è arrivata in contemporanea. Iniziai ad appassionarmi al genere e ovviamente iniziai a ricercare anche artisti italiani che facevano questa roba. In particolar modo napoletani che comunicavano con la mia stessa lingua e che ovviamente li sentivo più vicini. artisti come Clementino, Rocco Hunt hanno influenzato molto la mia scrittura.
- Qual è stato l’aspetto più difficile nel portare avanti la tua passione per la musica durante i tuoi spostamenti tra diverse città e paesi?
È stato molto difficile perché soltanto quando sono rientrato dopo quasi 10 anni ho avuto l’opportunità di iniziare a raccontare un pochettino tutto quello che ho vissuto negli anni. Inoltre, quando sei fuori la cruda verità che nessuno mai ti dice e che affronti molto la solitudine e quindi anche conoscere persone con la tua stessa passione risulta molto difficile.
- Puoi raccontarci di più sul processo creativo dietro il tuo ultimo brano “Meglio degli Americani” e sull’ispirazione che ti ha spinto a scriverlo?
Meglio degli americani nasce durante il mio viaggio In America. Peppe 1hour, il mio produttore mi mandò diversi bit e quando ascoltai per la prima volta la strumentale di M.D.A. la quale è un old School boom bap anni 90, pensai: è la colonna sonora giusta per questo viaggio. È impossibile non scrivere qualcosa che abbia a che fare con gli USA. Allora pensai allo stereotipo americano, il sogno americano, la grande mela e il fatto che a volte ci illudiamo che chiunque vada lì trova la fortuna ma in realtà non è sempre così e come dico spesso, ogni mondo è paese. Dissi: voglio mettermi un attimo nei panni di un americano. Se per un italiano il traguardo è il sogno americano, per un americano, quale il cosiddetto “sogno americano”?
- Come credi che la tua musica rifletta le tue esperienze di viaggio e le diverse culture che hai incontrato lungo il percorso?
Come dico spesso, parlo dei miei viaggi attraverso i miei testi, racconto quello che ho vissuto, le esperienze che mi hanno segnato e questa è una cosa che mi fa star bene con me stesso. Penso che viaggiare è una scuola. Viaggiare ti insegna tantissimo. Riflettere sulle difficoltà e facilità delle realtà presenti in giro per il mondo ti apre la mente e ti rende curioso. Penso che a volte ci si creano problemi inesistenti e che dovremo un po tutti più alla Raffaella Carrà, “se per caso cadesse il mondo io mi sposto un po’ più in là”. Essere più leggeri sulle cose.
- Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere attraverso le tue canzoni e quale ruolo credi che la musica possa svolgere nel cambiare le percezioni culturali e sociali?
Penso che il fatto che il rap parla soltanto di pistole, droga e sesso sia una cosa sdoganata da un bel po’. Nella mia musica vorrei che le persone capissero che il diverso non è sbagliato: una cultura di una regione diversa o di un paese diverso ecc. Magari può spaventare inizialmente perché il nuovo spaventa però bisognerebbe capire di più il prossimo, non essere chiusi mentalmente ma ampliare la nostra visione sulle nuove culture che possono essere estranee a noi. Solo così si potrà iniziare ad apprezzare la vita.
- Quali sono stati i tuoi più grandi insegnamenti o le tue principali scoperte nel corso del tuo viaggio musicale finora?
La musica è un’arte bellissima e che la musica sia condivisione. questo è quello che ho imparato al momento finora.
- Come ti senti riguardo alla scena musicale italiana attuale e quali sono le tue opinioni sulle tendenze emergenti nel rap italiano?
In realtà non mi sono mai posto questa domanda perché in primis faccio musica per me stesso, scrivere è una cosa che ho sempre fatto perché mi fa star bene. Penso che dal nord al sud, la scena rap italiana fa paura. Il fatto che gli emergenti stiano avendo molto più spazio rispetto a quanto si potesse immaginare 5 anni fa, fa sì che il game diventa più competitivo e che anche il livello della musica rap si alza.
- Hai progetti futuri in cantiere che vorresti condividere con i tuoi fan? Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi prossimi passi nella tua carriera musicale?
Ci sarà l’uscita di un mio nuovo singolo che ho avuto il piacere di cantarlo inedito anche a Roma ed è un pezzo molto sentito di un mio viaggio fatto in Marocco. Il pezzo parla dei problemi e delle realtà che ci sono in giro per il mondo e in Italia. Penso che il troppo consumismo ci stia rendendo persone insicure e fragili. Il pezzo parlerà di un insegnamento di vita che il Marocco mi ha lasciato.
Infine, cosa significa per te essere un artista e come vedi il tuo ruolo nella società contemporanea?
Penso che un’artista all’interno della società contemporanea abbia grosse responsabilità e, secondo me, è sbagliato. Nella vita si cresce, si matura e la visione su determinate cose può cambiare. Essere un’artista, secondo me, significa essere liberi di comunicare qualcosa a modo proprio e soprattutto fottersene del parere delle persone.