Bisonga ammettere che per gli amanti della corrente tradizionale, la digitalizzazione e l’evoluzione dell’hip hop hanno lasciato una sorta di stato confusionale. É accaduto così, troppo velocemente. “Mi sembra ieri, ieri su quelle panche”, esattamente come recita Marracash in “Bruce Willis”, intro del suo album “Status”. Dove sono finiti quei branchi di ragazzi pronti a sfidarsi a suon di rime, su beat arrangiati e di fortuna? Non era raro, nei decenni scorsi, radunare un nutrito gruppo di appassionati e partire alla volta della città più vicina, per assistere ad una battle o ad un contest. Pian piano anche queste manifestazioni e raduni hanno dovuto abdicare in favore dell’avvento dell’era digitale.
Sarà l’approdo dei social network, però, a rappresentare il superamento di ogni limite immaginabile: l’hip hop inizia a scardinare ogni pregiudizio e cominciava ad affacciarsi ad un pubblico sempre maggiore. Tale commercializzazione ha fatto storcere il naso alla maggior parte del pubblico legato al genere tradizionale. Sbagliato reagire così; in fondo, superare il concetto di hip hop-underground era solo questione di tempo. Perché dovrebbe essere occultato un genere musicale così importante e coinvolgente? Perché precludere la possibilità di farsi conoscere e di commercializzare “la propria arte”? Ma, soprattutto, perché elaborare faticosamente testi pregni di significato e sacrificio per poi propinarli ad una stretta cerchia di pubblico?
Pertanto, questo cambiamento, seppur brusco e veloce, ha permesso l’emersione di tante nuove leve della scena attuale, facilitati da apparecchiature sempre più smart e fast. Gli stessi Dj di vecchio stampo, nel ricordare nostalgicamente i propri live, accompagnati da consolle immense e borsoni colmi di vinili, ammettono i vantaggi della digitalizzazione. Chiaramente, oltre ad una migliore resa del suono, scratchare con un vinile originale, per quanto scomodo e poco pratico, avrà sempre il suo intramontabile fascino. La rapida espansione dell’hip hop, però, si è rivelata anche un’arma a doppio taglio. Da un lato, una maggiore commercializzazione ha avvicinato un cospicuo numero di artisti emergenti, pronti a sostituire/affiancare i pionieri del genere; dall’altro uno spropositato numero di esordienti ha reso poca credibilità al genere. Gli originari testi di denuncia sociale e di malessere hanno lasciato il posto a contenuti sempre più leggeri, apprezzati da un pubblico sempre più tenero. D’altronde era utipico pronosticare, nel primo decennio del duemila, un’espansione musicale dell’hip hop così forte, tanto da sostituire ed eclissare ogni altro genere musicale. Ciò è senz’altro sintomo di un gradimento sempre maggiore e dell’abbattimento di ogni stereotipo legato a questa immensa cultura.
Il mondo digitale ha rappresentato una ghiotta occasione per tutti gli artisti, pronti ad irretire un numero sempre maggiore di followers. Questo nuovo rapporto con il pubblico, definito “social”, ha innescato nuove tecniche di marketing, sponsorizzazione e strumentalizzazione dell’utilizzo del web. Infatti, parallelamente alla carriera artistica, gli interessi dei personaggi maggiormente ambiziosi sconfinano nell’imprenditoria, attraverso la creazione di veri e propri brand.
Il desiderio di notorietà e le nuove prospettive di guadagno, infine, hanno letteralmente rovesciato i primordiali concetti dell’hip hop. Appare, dunque, discordante l’iniziale idea di rivalsa e di spinta sociale legata alle origini di questo genere musicale, rispetto alla mercificazione ed alle esigenze di mercato odierne. Lasciò discutere, infatti, già nel 2014, l’uscita dell’album “Non siamo più quelli di Mi Fist” dei celebri Club Dogo. Proprio loro, tra i principali gruppi della scena italiana, ironizzando, ammettevano un cambiamento rispetto ai precedenti album, sicuramente più duri e aspri. Quello, ricordo, è stato un momento rimarchevole, di grande riflessione per tutti gli addetti ai lavori e per tutti i loro ammiratori. Il disco ebbe notevole successo scalando le classifiche e conquistando, dopo brevissimo tempo, il Disco d’Oro. Su questo, ovviamente, non v’era alcun dubbio.
In fin dei conti, È stato fondamentale l’apporto tecnologico per lo sdoganamento dell’hip hop, sebbene in una versione modificata rispetto alle sue origini. Spetta agli artisti emergenti, adesso, offrire performance rilevanti per scalfire i preconcetti e restare impressi nella memoria degli ascoltatori.
Articolo a cura di Andrea Adamo!