A livello mediatico il mese di febbraio è stato segnato dallo sbarco di Clubhouse, l’ultimo social network che sembra aver conquistato le grazie degli utenti di tutto il mondo. Il suo funzionamento è molto intuitivo: gruppi di persone divise in stanze si riuniscono per dialogare esclusivamente tramite audio di un dato tema, argomento o come semplice compagnia.
La caratteristica che lo ha reso virale sta nell’esclusività del prodotto: l’app è per ora dedicata solo alla community Apple ed è possibile accedere a queste stanze solo tramite invito. A loro volta questi inviti sono limitatissimi e ogni utenti ne ha pochi a disposizione: in questo sistema la popolarità rientra non poco. Sin da subito abbiamo visto le star della nostra scena cimentarsi in questi gruppi, protetti da un numero limitato, personalità scelte ed un senso elitario. Con il passare dei giorni, perché di giorni si parla, pian piano le porte si sono allentate e sempre più persone sono state invitate: pur non garantendo affatto una copertura completa e anzi mantenendosi fedele alla linea, il nome è arrivato al grande pubblico.
Passando sul lato musicale ciò che ha interessato i fan della scena è stato fin da subito il poter entrare in contatto con i propri artisti preferiti: da invisibili messaggi Instagram alla possibilità di scambiare vere parole, con discorsi che colgono questi artisti fuori dai contesti a cui siamo abituati. Di riflesso in queste stanze di personalità imminenti ce ne possono essere diverse e spesso contemporaneamente: seppur il lato più interessante restino gruppi leggermente minori in cui si possono accendere veri e propri dibattiti, questo contatto con quel mondo lí ha stregato molti. Ma non è tutto oro ciò che luccica per diversi motivi.
In virtù di una sovraesposizione del prodotto l’app potrebbe facilmente perdere l’aurea di esclusività: per la precisione, i gruppi esclusivi resterebbe esclusivi ma si potrebbero chiudere in sè stessi. Con un’utenza generalista e con grandi numeri la gestione di queste stanze potrebbe essere più complessa e i motivi per cui l’app stessa è divenuta famosa potrebbero decadere: le sue funzionalità di base sono già sviluppati da tempo in altri prodotti, primo fra tutti Discord o addirittura nella funzione gruppi vocali di Telegram. Su di loro Clubhouse può anche avere un vantaggio mediatico, una pubblicità più imponente ma a darci le risposte saranno solo il tempo e la piattaforma stessa.
Pensare ClubHouse come la rivoluzione nell’approccio al pubblico da parte degli artisti è forse azzardato: può essere invece un primo riavvicinamento e un ridimensionamento del successo e del rapporto con i fan. In questo scambio il cambio radicale non è come sarebbe facile pensare per il pubblico ma per gli stessi artisti che sembrano aver accolto a braccia aperte questo nuovo mondo. Astro nascente dell’imprenditoria digitale o moda passeggera? Magari se ne dovrebbe riparlare un giorno con tutte le carte in tavola.
Articolo a cura di Luca Gissi!