Che cos’è “Mela Marcia”? Cosa rappresenta? Cosa vuole esprimere? Sono queste le prime domande che sorgono spontanee al primo ascolto del nuovo disco di Chiello, rilasciato per Island Records, probabilmente il disco più intimo dell’artista ex membro dei FSK. Dopo un’introduzione di circa 40 secondi parlata, che richiama frasi e sensazioni legate all’introspezione, la prima traccia del disco è “Sparire”, che ci fa subito accorgere di una cosa fondamentale per tutta la durata del disco: Chiello vuole raccontare le sue sensazioni tendenti alla depressione senza troppi giri di parole, senza arrampicarsi su teorie filosofiche o paragoni d’altri tempi, ma raccontandoci la quotidianità sfiancante ed estrema che può portare alla depressione. La prima frase della canzone dice appunto: “Passo troppo tempo sotto la doccia, quando dovrei stancare il mio corpo per andare a dormire ad un orario decente”. Nella sua semplicità, questa prima frase racconta una sensazione estrema e vera, che probabilmente è stata pensata e razionalizzata da chiunque abbia sofferto di depressione, cercando di avere un certo controllo sugli orari, sullo scorrere delle giornate, per poi essere annientato dai propri pensieri. Il ritornello inizia infatti con una parola urlata, una sola parola: “Sparire”, aggiungendo poi nelle frasi successive caratteristiche del modo in cui l’artista immagina di scomparire. La terza traccia è “Buonanotte”, che può essere interpretata come l’inizio di una relazione spensierata, raccontata anche qui con immagini precise, descrizioni accurate, dal “saltello per entrare nei jeans” al “se non hai voglia di uscire insieme stasera, uscirò a festeggiare con i miei amici”, e va benissimo così perché la nostra è una relazione sana e sono solo felice se sei fuori divertendoti. Il ritornello è un bell’invito a innamorarsi: “Che c’è dopo la morte? Vieni con me su Marte, tre tiri e buonanotte, dormo sulle tue cosce”. Probabilmente è la canzone più spensierata dell’album, precisa e dettagliata come le altre, ma al contempo meno concentrata sulle sensazioni dell’artista, ma piuttosto sulle emozioni provate da entrambi quando è iniziata la loro storia. La traccia successiva, “La Mattina Dopo”, parla delle sensazioni che si provano nei confronti delle dipendenze, e anche qui l’artista è spietatamente preciso con le immagini e le situazioni presenti in quelle dinamiche. Troviamo frasi come ad esempio: “Una volta era mia madre a tenermi la fronte mentre vomitavo, ora il bagno di casa è tutto sporco, è possibile che io non sia in grado di rimanere sobrio nemmeno per un giorno?”. Questa traccia racconta la realizzazione dello sconforto nei confronti delle sostanze, che sicuramente in un momento di depressione presentano due facce estreme della stessa medaglia: da un lato possono rappresentare l’opportunità di rimanere a galla tramite l’assunzione di determinate sostanze, dall’altro lato si scontrano con la dipendenza emotiva e mentale da ciò che quelle sostanze possono offrire. Successivamente troviamo “Glugluglu”, che si riferisce al rumore che si suppone facciano i pesci, con l’artista che immagina di sprofondare nel mare. In successione troviamo poi “Milano Dannata”, traccia già pubblicata in precedenza all’album, che è stata perfetta come anticipazione, proprio perché sembra una spiegazione di questa condizione, con l’artista che analizza i suoi trascorsi passati come se fossero una vita precedente, come se non fosse più lui adesso, e tutto ciò è ben spiegato nella frase che troviamo alla fine delle strofe, poco prima del ritornello, che dice semplicemente: “Questa città mi ha cambiato”, il tutto prima di intonare “Milano dannata, sei una donna che vuole apparire”. È una traccia incredibilmente emotiva, perfetta per preparare l’ascoltatore all’album. Si arriva a “Benzo 1”, che continua il filone emotivo e sonoro di “Milano Dannata” e ci conferma di essere entrati nella parte più emotiva dell’album, in cui è stata curata maggiormente la scelta dei suoni, principalmente acustici, con chitarre e batterie molto intense, ampie e potenti. “Benzo 1” rappresenta la realizzazione di come una relazione possa totalmente demolire una persona, soprattutto una persona sensibile, e di come questa persona possa essere consapevole di ciò e arrivare a un punto in cui dice “basta, così non posso continuare a vivere, qualcosa deve cambiare per migliorare la mia situazione”. E sono proprio queste le frasi di apertura della traccia, che recitano: “Volevo dirti che ho deciso di stare meglio, anche a costo di perderti. Pensi che riusciremo mai a trovare un compromesso? Io ne dubito”. In questa traccia, l’artista ci avvolge completamente nel suo malessere e nella sua condizione emotiva di chi ha deciso di cambiare qualcosa, ma ancora non sa come mettere in atto le sue decisioni e rimane in questo limbo emotivo. Il ritornello, urlato in maniera disperata, ci fa sentire totalmente parte di questo dolore e rispecchia ancora una volta la scelta dell’artista di essere diretto nel suo testo, recitando: “Non mi piace nessuna di queste donne, tu eri l’unica che riuscivo a sopportare”. È lampante, diretto, immediato e allo stesso tempo struggente, preciso, cinico, forse disperato anche con sé stesso, chiedendosi come mai davvero sia solo quella persona l’unica che lui riesce ad accettare vicino a sé. Troviamo poi “Benzo 2”, traccia più cupa a livello di suoni, che mantiene lo stesso testo di “Benzo 1”, cambiando solo una parte della seconda strofa, forse appositamente per alleggerire il peso emotivo portato dalla traccia precedente. La traccia successiva è “Puoi Fare di Meglio”, che inizia con un riff che richiama molto quello di una boyband inglese degli anni 2000, ed è bellissimo così. Il filo conduttore nel testo immediato è ancora rispettato qui, con frasi come “Non so gestire una casa, nemmeno una macchina, figuriamoci una donna”. La traccia numero 10 è “A Pochi Passi”, che evoca un pomeriggio estivo quando sta per arrivare l’autunno, e questa sensazione viene rispettata nella breve prima strofa di circa 30 secondi. Poi tutto si ferma, Chiello alza la melodia, entrano i violini e si viene improvvisamente gettati nel freddo, nella neve, nelle tempeste dei pensieri. I violini sembrano quasi suonare in modo forzato e difficile, come se fossero sforzati a riprodursi. Il ritornello ci fa scoprire la capacità di Chiello di analizzare situazioni enormi e ricondurle a sé stesso, alle sue condizioni, alle sue sensazioni; il ritornello recita “A pochi passi da qui, c’è una guerra e la luna è più bella che mai”: l’artista si rende conto di come sia scoppiata una guerra relativamente vicino a dove vive, ma allo stesso tempo si rende conto di quanto sia bella la luna, completamente ignara del conflitto. Questo brano è il più toccante dell’album, quello in cui la sinergia tra la musica e i testi raggiunge la formula definitiva, l’alchimia perfetta. Successivamente troviamo “Tutti i Miei Idoli Sono Morti”, una traccia che cerca di essere spensierata, aperta, che forse ha l’intenzione di farci sentire un po’ più soli, farci rendere conto che la condizione umana è quella della totale solitudine, in cui non rimarrà nulla a cui appigliarsi, nemmeno la stima per i nostri idoli. “Stalattiti”, la penultima traccia dell’album, ha un sapore indie, quasi da ballata, in cui l’artista ci ricorda ulteriormente quanto si sia appiattito e annullato per cercare di far funzionare la relazione con questa persona. L’ultima traccia è “Algoritmo”, che ancora una volta ci regala immagini perfette, in cui l’artista fatica ad uscire dalla stanza, ad uscire di casa, e allo stesso tempo viene logorato dal fatto di non uscire. Anche questa traccia ha un sapore indie, utilizzando intercalari e termini della storia d’amore spensierata, con i due che si muovono sotto le coperte e si inseguono emotivamente. Una volta finito l’album, si ha la sensazione di aver fatto un percorso, un viaggio, e soprattutto si ha la sensazione di conoscere un po’ meglio l’artista, il quale è riuscito a trasmettere le sue sensazioni in maniera incredibilmente dettagliata. È un album che ci invita a riflettere sulle nostre emozioni, sui nostri stati d’animo e sulle situazioni che ci circondano, e allo stesso tempo ci fa sentire parte di una comunità, una comunità di persone che lottano, che soffrono, ma che non si arrendono mai. “Mela Marcia” è un album potente e intenso, che sicuramente lascia un’impronta nell’anima di chi lo ascolta.
Recensione a cura di Samuele Meante!