- Ascoltando questo disco, sentiamo di come ci siano molte canzone dedicate alla persona che ami, con la quale stai condividendo la tua vita. Come possiamo interpretare allora brani come “Last Dance”, dove parli della fine di un amore?
- In questo mio disco sto includendo tante delle mie esperienze, anche da più giovani, ma visitate con una consapevolezza ed una maturità adulta, perché ora posso rivedere tutto ciò che è successo con ludicidità. Sono, e con le persone attorno alla mia età siamo, in una fase della vita dove si abbandonano i sogni e le convinzioni di quando si era più giovani svaniscono; vedo sempre più frequentemente amici della mia età dover accettare di non poter passare il resto della loro vita con quella persona che magari hanno visto anni prima, che però non è rimasta nella loro vita. Quindi “Last Dance” è questo, è un invito a dirti che se non agisci adesso le tue opportunità di vivere ciò che hai sempre voluto in ambito sentimentale svaniranno. E’ un’ultima chiamata a provar a realizzare i propri desideri d’amore che avevamo da giovane.
- Parlando del brano dedicato a tua moglie, “All The Love That I Ever Needed”, tu ripeti spesso che sia stata lei a salvarti. In che modo? Salvandoti da te stesso?
- Tutti gli uomini ricercano qualcosa giusto? Noi vaghiamo sul mondo per tutta la durata della nostra vita, e spesso l’intento di un essere umano è quello di trovare un amore. Io ero un giovane musicista, in giro per il mondo, e vagavo anch’io alla ricerca di quell’amore. Quando lo trovi, quando lo incontri, tutta l’ansia, lo stress di quella ricerca svaniscono. Ci siamo conosciuti in un pub.
- Com’è nata la copertina? Sei tu il bimbo nella foto?
- Sì, sono io. E’ una foto che mi ha scattato mio padre quando avevo 10 anni; ha costruito quel piccolo aereo con me e per me. All’epoca vivevamo nello Yorkshire, mio padre era nell’esercito, e ci trasferivamo ogni due anni. Ho voluto usare quello scatto perché cattura un momento di innocenza della mia infanzia. Dato che non avevamo amici io e mia sorella andavamo ogni volta che ci trasferivamo in un nuovo posto a bussare alle case delle persone a chiedere se avessero figli della loro età, per giocare con loro. Se qualcuno diceva di sì sarebbe diventato tuo amico per quei 2 anni, e poi non l’avresti più rivisto. Ho avuto un sacco di migliori amici soltanto per 2 anni che ora non so dove siano, cosa facciano.
- Ti muovi ancora molto?
- Sì, mi sposto ancora molto in giro per il mondo, sono piuttosto nomade come musicista. Sono sempre su un tour bus con 16 uomini, dove giriamo per tutti i posti dove si va a suonare. Ci muoviamo solitamente con 2 tour bus e 5 camion. Nella mia vita familiare invece mi muovo tra Ibiza, Verbier e UK.
- Parlando del titolo del disco, “Who We Used To Be”, è qualcosa a cui pensi con una sorta di malinconia?
- Assolutamente sì, per me ha sempre un grande effetto il passato, ed allo stesso modo sono affascinato dalla speranza del futuro. Spesso mi chiedo “se potessi tornare indietro, faresti le cose diversamente?” Penso che chiunque lo farebbe, chiunque vorrebbe cambiare qualcosa della sua vita. Io su questo mi sento molto fortunato, perché avevo un sogno e si è realizzato. E’ esattamente il sogno che immaginavo e che volevo realizzare? No, perché io volevo diventare una rockstar, ed invece sono diventato una popstar. Quindi avrei potuto fare qualcosa in meglio? Sicuramente sì, ogni volta vedendo poi ciò che succede nella nostra vita c’è qualcosa che potremmo migliorare. Però non ho rimpianti, mi sto divertendo moltissimo nella mia vita, e sto vivendo la vita che volevo, e sono molto grato di ciò.
Intervista a cura di Samuele Meante!