Qui la lettera integrale di Angelo Calculli:
“Pregiatissimo Sottosegretario On. Gianmarco Mazzi,
Prendo spunto dal suo intervento alla Milano Music Week e mi rivolgo a Lei non solo in qualità di rappresentante della Politica e delle Istituzioni ma anche in qualità di professionista esperto del mondo della musica e della comunicazione sperando di poter contribuire con il mio pensiero all’interessante e tanto atteso discorso che ha tenuto innanzi al Direttore SIAE Matteo Fedeli, al Direttore della Federazione Industriale Musicale Italiana Enzo Mazza e al Presidente di Assomusica Carlo Parodi.
Da diversi mesi mi occupo, scrivendo articoli su diversi magazine di settore, dei testi di alcune “canzoni” del genere musicale identificato con il nome di Trap. Devo dire che sono rimasto colpito che anche persone molto più rappresentative di me hanno posto attenzione al tema; da Paolo Meneguzzi a Cristiana Capotondi passando per Laura Pausini ma anche la stessa Elodie che per alcuni versi si è però mostrata contraddittoria. E per la prima volta finalmente un importante rappresentante delle istituzioni ha parlato di responsabilità tirando in ballo le major discografiche.
Bene, Onorevole Mazzi, finalmente. Ma sul punto vorrei illustrarle il punto di vista di uno come me che negli ultimi 5 anni ha potuto conoscere approfonditamente dall’interno, come manager, il reale funzionamento dell’attuale sistema discografico in riferimento alla Trap e ove possibile, aiutarla a comprendere, senza peccare di immodestia, chi sono i veri responsabili. Personalmente credo che alla fine gli artisti siano inconsapevoli vittime di un sistema che li manovra come burattini e li spreme come limoni solo per trarne un vantaggio economico temporale e di breve durata tranne rare eccezioni.
Innanzi tutto la Trap in Italia è costituita da un collettivo. Aspetto assai importante sul quale vale la pena soffermarsi per spiegare a chi, a giusta o a errata ragione, ne prende le difese facendo paragoni con singoli artisti del passato, per esempio, degli anni 90 come Marylin Mason o Vasco Rossi. Non devo certo spiegare a lei quanto sia sostanziale la differenza tra quegli anni e questi anni. Anni, quelli che viviamo, in cui tutto è amplificato dai social che in passato non esistevano, anni in cui è nata una figura chiave che deve far riflettere molto gli educatori nelle scuole e i genitori a casa: l’ Influencer. Una figura che nel nome stesso indica lo svolgimento di una funzione molto importante perchè nel vivere quotidiano condiziona, orienta e suggestiona le menti di adulti e giovani ragazzi. Al netto quelli che si professano esperti in “consigli per gli acquisti, anche i trapper, cosi come anche artisti del mondo rap e urban, spesso ricoprono la veste di Influencer svolgendo non solo la professione artistica ma anche quella di ambassador di brand che utilizzano questa loro capacità di captare l’attenzione dei giovani per mercificare l’arte musicale trasformandola in becero commercio. Cosa che i giovani artisti hanno imparato a fare attraverso una rappresentazione di se stessi che rende appetibile i prodotti del brand, palesando ai propri follower una modalità semplicistica con cui si può produrre ricchezza, lusso, denaro così attirando l’attenzione di giovani ragazzi come fosse una emulante collettività.
Mi permetto, Onorevole Mazzi, di aggiungere che nella scala delle responsabilità del degrado musicale, oltre le già nominate major discografiche, ci sono anche le piattaforme di distribuzione digitale, i promoter e le agenzie live che rappresentano artisti del mondo trap, alcune radio, alcuni festival trasmessi anche su tv di rilievo nazionale, i magazine online (non tutti ovviamente), insomma tutti coloro che in qualche modo traggono profitto dalle barre “spregiudicate” e dalle esagerazioni dei Trapper sia per lo stile di vita che promuovono sia per i testi delle loro canzoni. Il fenomeno non va però massificato: i trapper non sono tutti cosi spinti e così fortemente rappresentanti di una mascolinità tossica. Molti degli stessi artisti che oggi io per primo contesto che hanno capacità di scrittura e sanno raccontare la vita è la strada senza necessariamente dover ricorrere a bistrattare l’immagine della donna: ma quando scrivono testi più profondi guarda caso streammano meno e rendono meno alla “cricca”. Ci sono tanti artisti, cito Ghali per tutti, che non sono cosi marcatamente “spregiudicati” nelle espressioni e nei concetti che riguardano le donne ma oggi faticano di più a far numeri e certificazioni. Altri, pur avendo avuto un passato “burrascoso e al limite della legalità “ hanno percorso strade diverse, sperimentali è più mature ma hanno avuto un calo di seguito nella gen z e sono dovuto ricorrere prima a banali tormentoni estivi per poi provare a tornare indietro in una sorta di involuzione artistica pur di tenere fede ad una logica di mercato che li vuole così. E funziona proprio così e cerco di spiegarlo nel modo più semplice che riesco a trovare. Gli A&R svolgono per conto delle major attività di scouting e di direzione artistica dei progetti musicali: l’imperativo da parte dei vertici per loro non è “cercate buona musica” ma cercate “chi fa hype”, o meglio, cercate solo chi può funzionare in quell’indispensabile mix tra social, immagine personale e soprattutto appeal verso la gen z; vale a dire la generazione che più di tutti brucia, consumisticamente parlando la musica sulle piattaforme streaming. Non è un caso che oggi la FIMI pare abbia aperto per il conteggio delle certificazioni anche gli streaming che non provengono da utenti abbonati. La gen z, quella che compre i biglietti per gli eventi trap e che magari comprano, anche a costo di delinquere, quelle felpe, quelle snikers che indossano gli artisti trap, quei ragazzi che cercano attraverso la musica momenti di trasgressione forse perché hanno tutto, forse perché la scuola non li aiuta o forse perché figli di una generazione genitoriale che non sa educarli e dirgli dei no quando servono. Quei no che dovrebbero anche saper dire i discografici, gli A&R, le piattaforme di distribuzione, le radio e perfino la FIMI: quest’ultima non dovrebbe certificare con Oro e Platino un certo tipo di brani non per censura ma per disincentivarne la creazione. Ma Lei sa benissimo quanti interessi ci sono dietro. Ciò che Morgan ha dichiarato riguardo X Factor non è frutto di una banale esternazione e andrebbe approfondito. Quanto vale una intervista, una ospitata, una marchetta di Sfera Abbasta? Mi spaventa il solo pensiero di pronunciare una cifra. Oggi, e glielo dico da manager, se presento in discografica un progetto di un artista clean, cantautore in stile De Gregori, Baglioni, ma anche del più contemporaneo Bersani la risposta è sempre un “Non Funziona”. Non Interessa! A questo si è ridotta la musica oggi. Le carriere artistiche oggi, trattandosi di giovani cantanti poco più che adolescenti, andrebbero tutelate e gestite come l’educazione dei figli: dicendo NO quando il modo di fare, e gli eccessi nella scrittura escono fuori dagli schemi del senso civico, della educazione ma soprattutto del rispetto degli altri, specie delle Donne. Nella sua carriera di Direttore Artistico di Sanremo ha sempre tutelato la “canzone italiana” e oggi come rappresentante delle Istituzioni e ancora di più della cultura dovrebbe farlo ancora con maggiore determinazione e impedire che testi come:
”io ti ammazzo solo perché parli con lei
Voglio te, voglio te everyday
E divento pazza se non so dove sei
Voglio te, voglio te, voglio te
Tu mi ammazzi solo perché parli con lei
Voglio te, voglio te everyday
E diventi pazza quando torno alle sei
Voglio te, voglio te everyday
“Quanto sei porca dopo una vodka
Me ne vado e lascio un post-it sulla porta” “Però mi cerchi lo so che ti piaccio
Sono una merda ragiono col cazzo
Oggi ti prendo e domani ti lascio” “’Ste puttane da backstage sono luride
Che simpaticone vogliono un ca**o che non ride
Sono scorcia-troie“La tua tipa frate’ è così cagna
Che se lancio il ca**o lo riporta” “Te lo butto ar c**o più forte
Resterò tutta la notte
Te lo butterò così tanto nel c*lo che cambi colore”! Pensate sono costretto a mettere gli asterischi altrimenti Instagram mi banna ma se faccio una storia sullo stesso social e scelgo le canzoni con queste parole il “bip” non c’è!
E pensi che l’ultimo disco del massimo esponente della Trap, del King come lo definiscono e come lui stesso si definisce, dell’artista italiano che e’ il piu’ ascoltato in italia un brano di pochi giorni fa, mentre Giulia Cecchin non si trovava, recita così:
“Dice che vuole i miei figli (Yah), glieli schizzo tutti in face
Okay, bad bitch (Bad) mi gira nuda per casa Lola, Looney Tunes, pistola, però non spara (Grr)
Colpi nella Glock (Pah, pah), cinque sulla
Porsche (Ah)
Vista dal rooftop, zoccole già al Tocqueville
(Uoh)
Chiamo un’altra bitch, perché la mia bitch è lesbica (Ehi)
Uso droga in pubblico, ‘sti cazzi se lo pubblica
Go, go, metto soldi nella banca
scusa (No)
È una troia, ti fa le fusa, ti fa le fusa, ah, ah
clack*, porta i Kalash Nokia, Blackberry, sto con due negri, tutto
Burberry, tutto Versace
Dice: “Ti amo”, mentre cola il rimmel (Ueh)
Ma mi sembra una falsa un po’ cagna (Eh si)
Tu hai creduto che fossero killer (Eheh)
Perché la strada è puttana, ha sempre le cosce aperte (Ah-ah)”
Ecco, Onorevole, questo è lo stato di salute della musica italiana oggi; quella musica che lei ha portato a livelli altissimi nelle Arene a Verone e durante la sua Direzione a Sanremo sta morendo soffocata da una logica di mercato orientata a fare solo ed esclusivamente profitto.
Grazie per l’aiuto che potrà dare alla musica e ai tanti meritevoli giovani artisti a cui vengono sbattute le porte in faccia.”