Nel 2016 il governo Renzi ha istituito il bonus ‘#18app‘ – finanziato con duecentonovanta milioni di euro e introdotto con la legge di stabilità – tutt’ora in vigore, che consente ai neo-diciottenni di spendere 500 euro annuali in iniziative culturali. Come stanno spendendo questi soldi i neo maggiorenni italiani? Molto spesso in dischi, concerti o eventi legati al mondo del #rap, indubbiamente il genere musicale più influente tra le nuove generazioni.
Tra i possibili ‘acquisti’ da fare con il bonus 18App è stato recentemente introdotto anche ‘#spotify Premuim’ ovvero la versione a pagamento della popolare piattaforma svedese.
I ragazzi nati nel ’99 avranno quindi l’opportunità di spendere i buoni del governo, oltre che per le sopracitate attività culturali, anche per acquistare pacchetti di abbonamenti Spotify Premium da uno, 3, 6 o 12 mesi.
Il peso economico dello streaming
Negli ultimi anni l’avvento delle piattaforme di streaming, Spotify in primis, ha letteralmente sconvolto i meccanismi dell’industria discografica in tutto il mondo, incluso ovviamente il Belpaese. Da quando gli ascolti totalizzati sulle piattaforme di streaming sono stati introdotti dalla FIMI (Federazione Italiana Industria Musicale) nel conteggio ufficiale per l’assegnazione di dischi d’oro e di platino, le gerarchie pre-esistenti nel mercato musicale italiano sono state letteralmente sconvolte.
Da qualche mese, infatti, sono i rapper a ricevere il maggior numero di certificazioni FIMI, non più i grandi nomi del pop, dato che questi ultimi, pur vendendo generalmente un maggior numero di copie fisiche degli album, non godono sulle piattaforme di streaming di un seguito ingente come quello della maggior parte degli artisti legati alla scena rap.
Le continue certificazioni d’oro e platino hanno ovviamente giovato a tutta l’industria che gravita attorno al rap, incrementando il prestigio e l’interesse nei confronti del genere.
Come cambieranno le regole?
Enzo Mazza, CEO di FIMI, nel luglio 2016, dopo l’introduzione dei nuovi parametri, aveva anticipato che molto probabilmente a fine anno ci sarebbero stati dei cambiamenti , queste le sue parole: “L’integrazione dello streaming nella classifica segue quanto avvenuto in precedenza per i singoli digitali, in un mercato di ascolti sempre più integrati in cui l’acceso ai contenuti non sembra poter essere limitato ad un solo tipo di supporto […] Questo metodo di conversione verrà rivalutato dalla FIMI ogni quattro mesi, quindi i prossimi ‘aggiustamenti’ sono previsti a fine anno”.
Ed infatti a gennaio qualcosa cambierà sul serio: lo streaming di Spotify continuerà ad essere conteggiato, ma verranno presi in considerazione solo gli ascolti realizzati sulla sopracitata piattaforma ‘Premium’, ovvero quella a pagamento, che al momento rappresentano solo il 20% del totale.