Quanto ha influito nella tua musica l’ infanzia vissuta in un quartiere difficile di Napoli come quello di Scampia e come ti sei avvicinato al rap?
Ho vissuto parte della mia infanzia a Scampia dove viveva mia Nonna, ma casa dei miei era nella zona confinante tra Chiaiano e la collina dei Camaldoli, comunque non parliamo di Beverly Hills . La Scampia che mi piace ricordare è quella dei primi anni 80, era un quartiere diverso da quello che conosciamo oggi. Per me era il posto dove andavo al mercatino con la mia famiglia e mi compravano il pesciolino rosso, la pasticceria a Monterosa dove prendevamo i dolci la domenica, la ricordo tutta dipinta di azzurro per la festa degli scudetti del Napoli. Con il passare degli anni l’abbandono e il degrado hanno reso quel quartiere invivibile. Napoli a differenza di molte altre città ha una periferia trasversale che passa anche per il centro antico. L’emarginazione sociale non è distribuita solo all’esterno del centro. La “167″ così l’abbiamo sempre chiamata mi è stata subito di ispirazione, il primo Demo/Mixtape che ho pubblicato era con la crew “ventodivino” si chiamava proprio “uno sei sette” e sulla copertina c’erano le famigerate Vele, parliamo del 1993, raccontavamo Gomorra in rima almeno una quindicina d’anni prima del libro di Roberto Saviano.
Raccontaci della formazione del Clan Vesuvio è vero che siete stati tra i pionieri del rap a Napoli?
Siamo nel 1996 avevo 19 anni, Napoli dal punto di vista musicale era vivissima, come sempre del resto. Il rap era ostaggio delle ideologie e viveva soprattutto nei centri sociali dove se passavamo un pezzo di Snoop Dogg dovevamo sentirci le femministe che ci chiamavano maschilisti. Dall’America il Gangstarap ci raccontava quartieri simili ai nostri, volevamo fare qualcosa che somigliasse a quel mondo e a quel sond uscendo fuori dagli schemi politicizzati delle posse. Assieme al producer Pepp ‘o Red decidemmo di realizzare una compilation, un CD che racchiudesse il nuovo suono di Napoli, lo chiamai Clan Vesuvio e il titolo dell’album era “spaccanapoli” . Raccogliemmo adesioni tra i vari MC che si facevano sentire in città in quel periodo tra i quali c’erano anche i giovanissimi Co’sang, Luchè e Nto’ con i quali ho condiviso tanto e ancora oggi siamo molto legati.
Comprammo una pagina di pubblicità sul magazine di hiphop “Aelle” dove mettemmo una foto di Maradona (senza nessun permesso) con il nostro disco sotto al braccio e con la didascalia “accattateve ‘o disco r’o clan vesuvio” fu un successone finimmo la prima stampa in pochi giorni.
Nel ’99 esce il tuo ep da solista “Malafemmena” parlaci di questo tuo primo progetto.
Clan vesuvio dopo pochi mesi dalla pubblicazione di “spaccanapoli” , era complicato mettere insieme tante teste diverse. Decisi di fare un progetto da solo dove ero sia producer che mc, volevo fondere rap e tradizione napoletana, a sentirlo oggi è un disco innovativo, molte cose fatte in questi ultimi anni anche nella scena rap main stream hanno un embrione in quel progetto. Utilizzai per i beat solo suoni di 808 e autotune e vocoder sulle voci.
Come è nata la collaborazione nei primi anni 2000 con gli Almanegretta con cui avete fatto insieme ben quattro album e diversi tour?
Ero un loro Fan, In quegli anni gli Alma erano un’istituzione, riempivano palazzetti in tutta italia facevano collaborazioni internazionali con gente come Massive Attack. Un giorno il batterista della band Gennaro T mi chiese se volevo collaborare con loro… potete immaginare la gioia, così ci siamo subito capiti ed è nata una lunga collaborazione e una forte amicizia.
Nel 2007 esce il tuo primo album da solista “Quiet” contraddistinto da un sound molto elettronico,come mai questa scelta?
La collaborazione con Almamegretta mi ha portato ad apprezzare e ascoltare molta musica elettronica in particolare D-Rad producer della band mi ha insegnato tantissimo, stavamo lavorando assieme a questo mio album solista quando un incidente stradale gli stronco’ la vita. E’ stato un momento molto difficile, un amico comune il produttore italo-giapponese Taketo Gohara mi propose di continuare il disco e cosi lo chiudemmo. Pur avendo un suono molto elettronico nell’album ci sono batterie e bassi suonati dal vivo.
Nello stesso anno componi anche il brano “Cappotto di legno” ispirato al romanzo Gomorra. Come nasce questa canzone e questo tuo rapporto con Roberto Saviano, entrando anche nella colonna sonora della serie tv omonima?
All’epoca Saviano non era sui media come tutti lo conoscono, era un giovane giornalista che aveva scritto un libro molto coraggioso. Una sera tornando da un concerto a Bari trovo una sua mail che in sintesi diceva ”ciao sono Roberto Saviano, ascolto la tua musica che mi fa compagnia in questa località protetta. Se fossi un rapper racconterei la mia storia dove mi hanno messo “il cappotto di legno prima delle botte in petto” Da una fitta corrispondenza è nato il brano, non volevo raccontare di uno che si lamenta della sua condizione ma come faccio spesso entro in una soggettiva dove sono il carnefice che si auto-descrive.. Feci ascoltare il testo ad Ezio Bosso che mi propose di musicarla ed è nato questo incredibile incontro tra rap e classica contemporanea.
Nel 2011 inizia la tua collaborazione con la Rai per combattere la criminalità anche attraverso l’album “I nuovi mille”. Quanto è stato importante per te che vieni da un quartiere difficile di Napoli un progetto del genere?
I miei testi sono il mio modo di fare politica cercando di allontanarmi il più possibile dalla propaganda. Credo sinceramente che ognuno di noi debba fare il possibile per lasciare ai propri figli un mondo migliore.
Nell’album successivo “CMNF8” c’è all’interno un pezzo molto significativo nei contenuti chiamato “Democratica Violenza” puoi parlarcene nello specifico?
Democratica Violenza è dedicato a storie come quella di Stefano Cucchi, è un raconto inventato ma che in realtà potrebbe essere una storia vera che non è mai uscita allo scoperto…
Negli ultimi anni hai collaborato anche con Fabri Fibra, come vi siete conosciuti e come sono venute fuori queste collaborazioni?
Fibra è uno dei pochi colleghi italiani che stimo veramente. Ci conosciamo a distanza probabilmente dai tempi di Clan Vesuvio, i rapper della scena all’epoca si incontravano alle jam ed erano veramente pochi.
Ci siamo ritrovati quando mi ha chiesto di collaborare sull’album Squallor. Mi ha detto da quando ho visto gomorra finalmente sono riuscito a capire di cosa parli nei testi.
Parlaci della tua esperienza a “Tu si que vales”, per quale motivo hai voluto partecipare a questo programma ?
Mi ha chiamato un mio amico autore del programma, dicendomi che volevano inserire qualcosa di più serio e sociale aldilà dei freaks che solitamente popolano questi programmi. Gli ho detto che avrei partecipato solo se mi avessero lasciato libero di fare quello che volevo. Per me è stata una provocazione portare “ ‘e guagliun e miez a via “ in prima serata e anche economicamente gratificante.
Nel 2017 esce il tuo album ‘Il vangelo secondo Lucariello ” in cui viri come stile su una Trap contraddistinta dal tuo dialetto napoletano e da ritornelli melodici con autotune. Com’ è stato per te approcciarti a questo sottogenere del rap che sta spopolando in Italia negli ultimi anni?
Ti ripeto anche in passato le melodie e i suoni della elettronica mi hanno sempre affascinato, quando ho ascoltato per la prima volta i francesi PNL ho capito che in quella roba c’era mediterraneo, c’era Napoli , era qualcosa che mi apparteneva e ho iniziato a sperimentare in quella direzione. In questo album è stata fondamentale la collaborazione con due giganti della produzione Rosario D-Ross e Sara Star-t-Uffo, è importante lavorare con persone con le quali costruisci un forte legame umano.
Come mai questa scelta nella tua carriera di rappare in dialetto napoletano e cosa ne pensi della scena partenopea attuale?
Canto in napoletano perchè è la mia lingua madre, l’italiano lo traduco. La scena Napoletana è sempre avanti il produttore Dat Boi Dee con il quale sto collaborando da un po’ credo che abbia un grosso talento.
Ho prodotto un giovane rapper di Ponticelli si chiama C1RO ascoltatelo è ancora sconosciuto ma presto emergerà.
Hai un nuovo album o nuovi singoli in programma?
Sì.
Ti ringrazio di averci concesso questa intervista e ti chiedo di salutare e ringraziare chi ritieni opportuno.
Grazie a te e scusa il ritardo.